lunedì 22 dicembre 2014

LA SPALLA: I TEST E L' ESAME CLINICO

INTRODUZIONE

Come avviene per altre articolazioni, anche per la diagnostica della patologia della spalla l'esame clinico deve essere preceduto da una attenta anamnesi.

ANAMNESI

Il paziente va interrogato accuratamente sul tipo di attività svolta e, se è uno sportivo, sul tipo di sport praticato; se il motivo della consultazione è legato ad un fatto traumatico recente o non, se i problemi lamentati sono dovuti all'uso incongruo della spalla. Uno sportivo che usa erroneamente la spalla per molto tempo, pretendendo prestazioni sempre più alte, lamenterà dolori in rapporto al tipo di movimento, all'inizio,durante o dopo uno sforzo. Quando il paziente si presenta dopo uno sforzo od un episodio traumatico acuto, è sempre necessario stabilire il modo con cui il trauma ha espresso la sua azione dannosa. La morfologia e la modalità del trauma è fondamentalmente diversa da quella che determina danni all'anca, al ginocchio o alla caviglia. Ciò dipende innanzitutto dalla diversa motilità della spalla che possiede una maggiore flessibilità ed un adattamento all'impatto tanto da limitare enormemente i danni alle strutture ossee a discapito di quelle delle parti molli. Se il trauma è rappresentato da un colpo agente dall'alto verso il basso, vengono esposte più frequentemente le parti muscolari della regione del collo e le salienze ossee più prominenti della scapola. In molti casi è importante stabilire la modalità del trauma e cioè se al momento l'arto superiore è atteggiato in abduzione o in flessione, se il corpo cade in avanti o ali'indietro, se il gomito è flesso o è esteso, se il braccio rimane fìsso in abduzione o in elevazione ed il corpo è spinto verso il basso. Bisogna indagare se il trauma è avvenuto nel momento di tirare su un oggetto con forza e producendo contemporaneamente una torsione esterna, oppure se è avvenuto con una caduta con il braccio in estensione: nel primo caso c'è stata certamente una compromissione delle strutture anteriori inferiori, nel secondo un probabile interessamento delle strutture posteriori o superiori. Nel caso di sportivi, l'interrogatorio va rivolto alla ricostruzione del tipo di meccanica articolare del trauma per poi valutare le possibili compromissioni delle strutture anatomiche.
Dolore II racconto del dolore deve riguardare essenzialmente: La modalità di insorgenza (esso può essere acuto, subacuto o cronico, notturno o diurno, durante il lavoro o a riposo). Il tipo: urente, trafìttivo, cupo. La durata: essa è in relazione alla patogenesi che ha colpito la spalla: una tendinite calcifica in fase iperalgica può durare continuativamente anche 48 ore. La sede: può essere anteriore, irradiantesi verso il deltoide; profondo, irradiantesi verso l'ascella; posteriore, irradiantesi verso la scapola. L'intensità: il dolore può variare di entità a seconda del movimento prodotto e quindi a seconda della struttura anatomica che viene sollecitata. L'irradiazione: anche in questo caso essa può variare a seconda della sede della lesione e del danno. E comunque fondamentale, nella patologia della spalla, effettuare una diagnostica differenziale di routine con la patologia cervicale.
Influenza dell'occupazione sulla patologia
II tipo di professione incide notevolmente sul dolore riferito alla spalla: un imbianchino con problemi alla cuffia dei rotatori risentirà negativamente del lavoro svolto poiché la mano ed il gomito lavorano sempre al di sopra della testa e quindi in posizione di stress; infatti egli avrà sollievo solo quando l'arto è addotto, un tennista o un lanciatore di peso o di giavellotto avrà dolore quando la spalla ed il braccio effettueranno il massimo sforzo e cioè al momento del lancio oppure nella fase finale del lancio.

ESAME CLINICO

Ispezione

Inizia da quando il paziente comincia a svenirsi: l'uniformità e la scioltezza dei movimenti inducono a considerare normale l'articolazione. L'ispezione deve essere sempre fatta comparativamente: va evidenziata ogni alterazione del trofismo muscolare, la presenza o meno di discromie cutanee, di cicatrici e dialterazioni dell'anatomia della spalla. Il paziente deve essere osservato prima di faccia, poi di lato considerando innanzitutto il tipo di atteggiamento del corpo in rapporto al cingolo scapolare. Il rapporto volumetrico tra cingolo scapolare e torace varia enormemente a seconda se il paziente è un intellettuale, un lavoratore manuale o una persona che usa prevalentemente gli arti superiori o addirittura se è un atleta che pratica sport a prevalente uso degli arti superiori. Se si tratta di una donna il torace e le spalle avranno un diverso rapporto a seconda della rappresentazione muscolare. La parte più prominente che si esplora anteriormente è la clavlcola e la testa dell'omero. Si esplora il solco deltoideo pettorale per evidenziarne eventuali alterazioni quali cicatrici o tumefazioni e se è presente la fossetta di Morenheim. Si passa ad esplorare la rotondila della spalla ed del deltoide che ne armonizza i contorni. Se il deltoide è ipotrofìco, è naturale che la testa si evidenzia anteriormente e l'acromion assume una forma non comune. Quando il braccio è cadente, addotto, con ipotrofìa del deltoide e dei muscoli posteriori della spalla si tratta presumibilmente di una lesione neurogena. Un paziente che arriva all'osservazione con un arto addotto, non ipotrofico, alterato nel profilo della spalla così detto profilo da "spallina militare" e sorretto dall'altra mano è certamente portatore di una lussazione. L'attenzione poi va rivolta alla faccia posteriore della spalla. Qui la parte ossea più prominente è la scapola con il rilievo della sua spina. I contorni sono facilmemte identificabili e quando l'arto è addotto la scapola copre le coste dalla II alla VII.

Palpazione

Scopo della palpazione è di verificare la presenza di pun ti dolorosi o di alterazioni della parti molli secondarie a traumi o a processi infìammatori. La palpazione può in cominciare dall'articolazione acromion clavicolare che normalmente è indolente anche se può presentarsi molto sporgente dal piano cutaneo. Essa può essere dolente quando colpita da processi infìammatori o da traumi diretti o indiretti poiché sede di sollecitazioni particolari che sono legate ad un meccanismo di sospensione e controllo della stabilità. Si procede quindi alla palpazione della clavlcola che è ben accessibile in tutta la sua lunghezza poiché i muscoli che vi si inseriscono si ritrovano sulla faccia inferiore e profonda. Ogni protuberanza, crepitio, alterazione della continuità può indicare la presenza di una frattura o di una neo formazione. Procedendo medialmente si arriva all'articolazione sterno clavicolare. Questa articolazione si palpa subito all'estemo della fossetta stemale. Essa può essere sede di processi distruttivi di tipo osteolitico o di processi traumatici. All'estemo del moncone della spalla si va a palpare l'acromion che è grossolanamente di forma rettangolare. Si palpa la sua faccia dorsale o superiore e la sua porzione anteriore su cui vanno ricercati due punti dolorosi uno sull'apice e l'altro sul margine anteriore: essi sono espressione di sofferenza ed usura della cartilagine acromiale. Quindi si va a palpare il punto acromion claveare che, specie nelle persone al di sopra di 60 anni può essere doloroso. Subito in basso si va a palpare il processo coracoideo valutandone la dolorabilità che è presente normalmente essendo una zona altamente recettoriale. In alcuni casi si può trovare un impingement coracoideo idiopatico o secondario ad instabità della spalla. Subito al di sotto del margine laterale dell'acromion si passa a palpare la grande tuberosità dell'omero e anteriormente, il solco bicipitale. La manovra di palpazione del solco bicipitale va effettuata con il dito indice che pratica una pressione sul solco, mentre con l'altra mano si imprime un movimento di intra ed extra rotazione al braccio. Spostandosi verso l'esterno si va a palpare l'acromion che si assottiglia a mano a mano che la mano si sposta posteriormente fino a palpare la spina della scapola. Quest'ultima si estende obliquamente attraverso i quattro quinti della superficie dorsale e termina in una superficie triangolare che corrisponde al bordo mediale della scapola. Seguendo il bordo mediale verso l'alto non è distinguibile l'angolo superiore poiché esso è ricoperto dal muscolo elevatore della scapola, palpando il bordo verso il basso lo si può ben apprezzare al di sotto del sottocutaneo.

Valutazione della mobilità.

Bisogna valutare con precisione la mobilità passiva, attiva e contro resistenza della spalla. Con il paziente preferibilmente seduto, si valutano i gradi della flessione, della estensione, della rotazione esterna con arto addotto e gomito flesso a 90° e abdotto a 90°, nonché la rotazione interna. La valutazione della mobilità passiva viene eseguita secondo i principi adottati dall'American Shoulder and Elbow Surgeon. Questa scheda prevede la misurazione della mobilità passiva tenendo il braccio addotto poiché in questa posizione sia la capsula che i legamenti gleno-omerali sono rilasciati. Il soggetto pone il gomito flesso a 90° e l'avambraccio a 0° (Figura 3.1a) . Si applica passivamente o attivamente una rotazione dell'avambraccio facendo perno sul gomito addotto fino al completo spostamento all'esterno. Il valore corrispondente misurato con il goniometro corrisponderà ai gradi di rotazione e normalmente può anche superare 45°. La rotazione esterna viene misurata con il paziente in posizione supina, poiché in questa posizione non è rilevante la rotazione del corpo (Figura 3.2). Il soggetto pone l'arto abdotto a 90° ed il gomito flesso a 90°: la rotazione esterna attiva o passiva viene misurata con il goniometro e normalmente è di 45°. La rotazione interna viene misurata con paziente in posizione seduta o in piedi. L'indicatore del grado di rotazione interna è il pollice. Di esso si misura la capacità di indicare la spinosa da S4 a T5 (Figura 3.1b). L'intrarotazione viene misurata facendo compiere al soggetto attivamente o compiendo passivamente lo tesso gesto, in modo da toccare la spinosa nella posizione più alta possibile. Questa misurazione è spuria poiché esprime effettivamente la capacità di estensione della spalla e di flessione del gomito. La misurazione in abduzione viene calcolata sia con paziente supino che con paziente seduto.

DESCRIZIONE DELLA POSIZIONE DELL OMERO RISPETTO AL TORACE

La variazione dell'orientamento della spalla è funzione della variazione della posizione dell'omero rispetto al torace. Normalmente viene descritto attraverso tré tipi di definizione.

1) flessione: gradi di elevazione dell'omero nel piano sagittale,
2) abduzione: gradi di elevazione nel piano coronale
3) intra ed extrarotazione: gradi di variazione nel piano frontale.

M.L Pearl e coli. hanno descritto un sistema di identificazione della posizione dell'omero considerando un piano di elevazione, un angolo di elevazione ed un angolo di rotazione a partire da osservazioni di soggetti normali durante alcune attività della vita quotidiana. Il sistema con cui si è arrivati a questo tipo di valutazione è basato su tré parametri. Piano di elevazione si definisce tale il piano in cui è contenuto l'omero dalla posizione di non elevazione a quella di massima elevazione (Figura 3.3). Il piano coronale viene designato arbitrariamente come O mentre il piano anteriore sagittale viene designato con +90, l'estensione viene considerata nel piano sagittale con segno negativo -90. Con questo sistema è possibile individuare qualsiasi altra posizione considerando il segno + e -. L'angolo di elevazione è definito come l'angolo tra l'asse di elevazione e non elevazione dell'omero sul piano di elevazione. Quando il soggetto alza il braccio in posizione orizzontale, l'angolo di elevazione è di 90°. Quindi per convenzione quando l'angolo di abduzione è 90° si riferisce al piano coronale, così come per convenzione il piano di elevazione è il primo ad essere preso in considerazione: così O indica l'arto lungo in corpo. Per quanto riguarda la rotazione, così come avviene in navigazione si può calcolare un grado di rotazione conoscendo la latitudine e la longitudine. La rotazione è definita da un angolo composto dall'avambraccio (con gomito a 90° ) ed una linea perpendicolare al piano di elevazione (la latitudine) (Figura 3.4). Quando l'avambraccio si trova a destra dell'angolo del piano di elevazione, la rotazione è definita 0. La rotazione esterna da questa posizione è definita con il segno + la rotazione interna è definita con il segno -. Questa definizione della rotazione non comprende la posizione del polo nord e sud.

Mobilità passiva

Nell'esame clinico della spalla è di fondamentale importanza conoscere il grado di mobilità passiva dell'arto in quanto da essa dipende il divenire della indicazione al trattamento. La mobilità passiva va valutata tenendo l'arto addotto al tronco e praticando una rotazione esterna nella posizione descritta come R.E.,. Se esiste una limitazione della rotazione esterna in questa posizione, ciò basta a porre diagnosi di capsulite adesiva. Esistono due condizioni patologiche particolari in cui la mobilità passiva può essere similmente alterata e con esse va praticata la diagnosi differenziale: la omoartrosi e l'artrite reumatoide in cui basta una radiografìa per la conferma diagnostica e la così detta spalla bloccata, definita da Welfing, in cui esiste una limitazione passiva della elevazione, mentre la rotazione esterna ed interna è simmetrica. Un'altra patologia che può presentare una limitazione passiva esclusiva della elevazione è la rottura del sopraspinoso in cui si determina un particolare conflitto tra la lesione del tendine ed acromion.

Mobilità attiva

Dopo avere esaminato la mobilità passiva si passa alla valutazione di quella attiva. Al paziente viene chiesto di elevare il braccio nel piano della scapola: nel caso di una spalla pseudoparalitica si nota come il paziente eleva il braccio tra 30° e 60° e come sforzi il moncone della spalla senza ottenere l'elevazione. Ciò può avvenire o per una lesione neurologica o più raramente per una patologia della cuffia dei rotatori (Figura 3.5) specialmente se inveterata o riacutizzata da una trauma. In pratica le rotture di piccola taglia del sopraspinoso non determinano una alterazione pseudoparalitica ma i pazienti elevano normalmente l'arto. Nella pratica cllnica ambulatoriale si possono incontrare pazienti con arco doloroso tra 90° e 120° di elevazione per la presenza di una tendinite o di una calcificazione. Soggetti con instabilità di spalla presentano solo raramente un'alterazione dell'elevazione attiva nel piano della scapola. La mobilità attiva della spalla va valutata in rotazione esterna sia gomito al tronco, definita come RÈ , sia a 90° di flessione anteriore definirà come RÈ (Figura 3.6).La mobilità attiva in alcuni casi può essere limitata in un modo particolare poiché quando il soggetto pone la mano alla bocca è costretto ad abdurre la spalla fino a 90°. Questo segno descritto da Episcopo come segno del Trombettiere è caratteristico delle lesioni intermedie della cuffia ad espressione posteriore, verso infraspinato e piccolo rotondo.In RE1 questa situazione di alterazione della bilancia dei tendini della cuffia si traduce nel così detto segno del portellone definito da Patte e da Goutallier. Questo si pratica ponendo il gomito a 90° di flessione com braccio lungo il tronco e avambraccio in rotazione estema. Qualora esiste una rottura dell'infraspinato non bilanciata, si nota che la mano e l'avambraccio ritornano in rotazione interna come un grosso portellone munito di molla di ritorno, anche se il soggetto in esame si sforza di mantenerla in rotazione esterna.

Test muscolari

I test muscolari si possono effettuare manualmente o mediante l'uso di dinamometri. Essi servono a comprendere la capacità contrattile e la funzione di uno o più muscoli e a stabilire se si tratta di una paresi, di una sofferenza del tendine o di una rottura. I più comuni test verranno descritti dettagliatamente nelle varie patologie. Qui riportiamo quelli che vengono testati più raramente. Il trapezio viene testato facendo sollevare contro resistenza le spalle. Il grande pettorale facendo portare le spalle in avanti ed in adduzione ed opponendosi a questo movimento attivo. Il romboide facendo spingere le spalle verso dietro ed opponendosi. Il grande dentato facendo appoggiare il paziente con tutto il peso del corpo sul palmo della mano contro una parete ed imprimere una forza a gomito esteso e spalla in flessione anteriore: nel caso di patologia ed insufficienza del grande dentato la scapola si solleva dal tronco in modo evidente.
La spalla dolorosa cronica rappresenta una patologia ancora oggetto di studio e di sistematizzazione. Nella pratica cllnica, infatti, si possono ritrovare alcune sindromi dolorose di diffìcile interpretazione, con sintomi la cui etiopatogenesi resta tutt'ora sconosciuta. La complessità biomeccanica dell'articolazione gleno-omerale può determinare una molteplicità di patologie con espressioni dolorose diverse che non sempre trovano un nesso causale con l'evento che le determina. D'altra parte i vari tests e le manovre semeiologiche messe a punto per evidenziare la localizzazione della patologia possono generare confusione nell'esaminatore. Per tali considerazioni ci è parso utile studiare ed approntare un criterio standard all'approccio semeiologico e clinico di alcune sindromi dolorose.
1. Instabilità
2. Patologia dello spazio periarticolare
3. Omoartrosi.
INSTABILITA' ANTERIORE

Ispezione 

II paziente va visitato di fronte e da dietro e vanno rilevate tutte le possibili alterazioni del profilo delle masse muscolari periarticolari. Nella maggior parte dei casi di instabilità recidivante non è presente atrofìa della fossa sopra e sottospinosa specialmente nei soggetti al di sotto di 40 anni. Nei casi di recente traumatismo e di trattamento immobilizzante è invece frequente una ipotrofìa della fossa sopra e sottospinata. Non sono presenti tumefazioni localizzate e l'arto ha un atteggiamento normale. Le parti ossee salienti sono di solito simmetriche e normo conformate.

Palpazione 

Nell'instabilità anteriore non è presente alcuna alterazione della parti ossee: clavlcola al terzo esterno o acromion. Nelle instabilità multidirezionali l'articolazione acromion-clavicolare può essere qualche volta dolorosa. In qualche caso di instabilità multidirezionale con vasta lesione capsule legamentosa anteriore abbiamo osservato una dolorabilità diffusa su tutto il compartimento anteriore e, specialmente, sulla punta della coracoide e delle strutture sottocoracoidee.


Mobilità

Non sono presenti alterazioni della mobilità passiva se non nei gradi estremi della elevazione mentre nel movimento passivo ed attivo di abduzione e rotazione esterna può essere visibile un deficit della retroposizione del braccio rispetto alla spalla.

TEST SPECIFICI

Test dell'apprensione

II soggetto è posto seduto od in piedi, a dorso nudo, viene fatto rilasciare, l'arto viene posto in abduzione di 90° ed in rotazione esterna. Si imprime una leggera forza di rotazione ed una spinta dall'indietro in avanti sulla testa omerale (Figura 3.7). La manovra è considerata positiva con presenza di instabilità se il paziente si difende ruotando il tronco e riferisce di avere paura o di avere la sensazione che la spalla esca fuori dalla sede. Gli Autori anglosassoni descrivono questo segno con la definizione di Fulcrum test e lo praticano in posizione supina. Più raramente viene anche testata l'instabilità inferiore con il test dell'apprensione inferiore. Il paziente viene posto con arto a 90° con omero in rotazione neutra. L'esaminatore con le mani appoggiate sul terzo superiore del braccio determina una forza verso il basso. Il test viene considerato positivo se determina un'apprensione nel soggetto in esame.

Test del mancato allineamento delle spalle

II soggetto deve tenere i due arti in abduzione a 90° con 45° di rotazione esterna: dal lato affetto da instabilità non ci sarà allineamento tra moncone della spalla e l'asse del braccio per cui l'angolo che si forma tra i due segmenti sarà di meno di 180° (Figura 3.8).

Test di Jobe " Relocation test "

Si pone il soggetto sul lettino da visita con l'arto in rotazione esterna forzata e in abduzione a 90°; il test consta di due fasi: viene applicato uno stress articolare dall'indietro in avanti, definito "fulcrum test " (Figura 3.9a), con la mano sinistra mentre la destra ruota in abduzione rotazione esterna il braccio in modo da creare apprensione nel paziente. Successivamente, qualora il paziente riferisca dolore o sensazione di instabilità, viene applicata una forza dall'avanti all'indietro ponendo la mano sinistra giusto in corrispondenza della testa dell'omero o al terzo superiore del braccio. Se il paziente non ha più paura della lussazione o non ha più dolore vuoi dire che la spalla è sede di instabilità. Secondo Jobe questa manovra permetterebbe di fare una diagnosi differenziale anche con il conflitto acromiale poiché in questa posizione il sopraspinoso ruota posteriormente (Figura 3.9b).

Test del cassetto

È un test poco specifico: si pratica ponendo una mano a ponte tra scapola e coracoide (la sinistra per un esaminatore destrorso) e imprimendo alla testa, con l'altra mano, un movimento di va e vieni in senso antero - posteriore (Figura 3.10). Questa manovra può essere effettuata in due modi: secondo Rodineau o Rockwood. Secondo il primo Autore bisogna far piegare il paziente verso avanti, far pendere il braccio in completo rilasciamento e praticando il movimento di va e vieni in senso antero poste-riore. Bisogna ricordare che fisiologicamente nella spalla esiste un cassetto posteriore. L'esame va eseguito com-parativamente. Per il secondo Autore il paziente deve rimanere seduto con l'arto lungo il tronco e con il gomito flesso. Il paziene può avere la sensazione di lussazione della testa in avanti od in dietro a seconda se l'instabilità è anteriore o posteriore ma questo test non trova un'univoca interpretazione. Gerber ha descritto l'esecuzione di questo test in decubito supino.
Instabilità posteriore
Questa forma di instabilità è certamente più rara di quella anteriore e, per tale motivo, va sempre ricercata onde evitare che passi misconosciuta. L'anamnesi di questi pazienti è molto importante. Bisogna sempre escludere la lussazione posteriore volontaria da quella involontaria. La prima è più frequente nelle giovani donne e va riconosciuta per la volontarietà con cui il soggetto in esame produce la lussazione (Figura 3.11). Si tratta di pazienti che vanno affidati allo psichiatra ed ad un intenso programma riabilitativo dei muscoli. Diversa invece è la storia dei pazienti affetti da lussazione od instabilità posteriore involontaria. Questi ricordano un episodio violento traumatico e, successivamente, l'inizio della patologia. L'ispezione viene espletata accuratamente, si devono ricercare tutti i segni dell'ipotrofìa del fascio posteriore del deltoide e degli altri muscoli posteriori (anche grande rotondo).

TEST SPECIFICI

Test dell'apprensione posteriore

Si pone il paziente su un lettino tenendo la spalla legger-mente fuori dal bordo od in piedi. Si pone la spalla in flessione adduzione e rotazione interna e viene applicata al gomito una forza dall'avanti ali'indietro. Quando il paziente sente la lussazione o avverte paura o dolore il test è considerato positivo (Figura 3.12).

Test del cassetto posteriore

Ha lo stesso valore del cassetto anteriore. Il paziente riferisce dolore o sensazione di scatto artico-lare quando la testa viene spinta posteriormente.

Instabilità multidirezionale

In ogni spalla dolorosa va valutata la presenza o meno di iperlassità mediante il test di Neer (Figura 3.13) ma la sua presenza non indica necessariamente lo stato di instabilità. Questo test si effettua con il paziente seduto con il braccio rilasciato e con il gomito ad angolo retto. L'esaminatore effettua una forza dall'alto verso il basso. Se compare, al di sotto dell'acromion, un solco semicircolare la diagnosi è positiva per una iperlassità e se questo segno si accompagna a sensazione di insufficienza o di sublussazione si può certamente concludere di trovarsi di fronte ad una instabilità multidirezionale. L'iperlassità può essere espressione di predisposizione alla instabilità anteriore, inferiore o posteriore e la sua ricerca sistematica è fondamentale per valutare il tipo di trattamento chirurgico da intraprendere. Walch ha descritto un'altra manovra per valutare la presenza o meno di iperlassità ed è effettuata ponendo l'arto in adduzione massima e gomito flesso. Si effettua la rotazione esterna senza distaccare il braccio dal tronco. Se la rotazione esterna supera i 45°-50° si può concludere che si sta esaminando una spalla iperlassa.

ESAME CLINICO NELLA PATOLOGIA DELLO SPAZIO ACROCOMIONCORACOIDEO

L'esame clinico della patologia dolorosa cronica della spalla deve essere effettuato comparativamente, con molta accuratezza onde non trascurare alcun elemento valido a formulare una diagnosi. Nella esegesi dell'esame clinico di questa patologia, seguiremo la classificazione di Walch modificata.

Classificazione della patologia periarticolare

1) Calcificazioni
2) Tendiniti non calcificanti
3) Rotture parziali e complete della cuffia
4) Patologia del bicipite
5) Patologia dello spazio sottocoracoideo.

CALCIFICAZIONI

Bisogna distinguere la tendinite calcificante dalla vera e propria calcificazione tendinea. Di solito la seconda forma causa una sintomatologia caratteristica con spalle pseudoparalitiche dolorose ad insorgenza acuta, quasi brutale. Questi soggetti giungono in ospedale in preda a dolore lancinante, la spalla è mantenuta ferma dall'altra mano, l'aspetto è molto sofferente, il minimo movimento genera vivo dolore che si propaga a tutto il braccio e posteriormente alla scapola. La palpazione dello spazio sottoacromiale è dolorosissima. In alcuni casi si presenta il quadro della spalla bloccata definita da Welfìng in cui esiste una limitazione passiva della elevazione mentre la rotazione esterna ed interna è simmetrica. Nella tendinite calcificante il dolore può essere cronico, sordo, spesso non è identifìcabile la sede precisa, a volte è descritto come anteriore, che si espande fino al "V" deltoideo. La diagnosi differenziale con la tendinite non calcificante e con la calcificazione del sopraspinoso è radiologica o ecografica ma certamente non può essere cllnica in quanto non esistono segni clinici specifici per questa patologia.

TENDINE DEL SOPRASPINOSO 

Si manifesta spesso con esordio doloroso riferito al "V" deltoideo, può presentarsi accompagnata a rigidità (capsulite retrattile). Può essere presente una ipotrofìa della fossa del sopraspinoso. Si può provocare dolore con la palpazione del trochite e del bordo anteriore dell'acromion ma tali segni sono aspecifìci.

Test specifici

Test di NeerSi pone l'arto del paziente in rotazione interna e in lieve abduzione quindi si flette e si iperestende bruscamente il braccio a gomito esteso: il test è considerato positivo quando il paziente riferisce dolore (Figura 3.14). Il test viene ripetuto dopo l'infiltrazione di Novocaina nella borsa sottoacromio deltoidea. In questi casi il dolore scompare completamente quindi si può porre diagnosi di conflitto omero acromiale.

ROTTURE PARZIALI O COMPLETE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI

L'esame clinico per l'evidenziazione di questa patologia deve essere estremamente preciso. Ciò risulta indispensabile per una esatta pianificazione terapeutica preoperatoria. Infatti la possibilità di ricostruzione del danno tendineo e quindi il risultato del trattamento chirurgico presuppone la conoscenza esatta della anatomotopografia delle lesioni. Il primo gesto da effettuare per una attenta valutazione dei tendini della cuffia è lo studio della mobilità passiva della spalla. I test che vengono praticati sistematicamente sono i seguenti:

Test di Jobe

II paziente viene invitato a tenere gli arti in abduzione a 90° e 30° di flessione anteriore in rotazione intema e quindi ad esercitare una forza dal basso in alto mentre l'esami-natore oppone resistenza (Figura 3.15). In questa posizione le massima tensione muscolare è praticata dal sopraspinoso e dal deltoide mentre gli altri muscoli sono rilasciati ad eccezione del terzo superiore del sottoscapolare. Se il paziente resiste allo sforzo il test è considerato negativo e quindi il tendine può essere considerato integro. Il test è considerato positivo quando il paziente mostra dolore e/o insufficienza muscolare, nel primo caso vi sarà una tendinite, nel secondo una rottura. Questo test però non è elettivo per il tendine del sopraspinoso infatti nelle lesioni dell'intervallo dei rotatori e del sottoscapolare esso è positivo. Questo test deve essere accompagnato dall'uso di un dinamometro per valutare la forza muscolare residua e compararla con quella del lato sano. Questa misurazione va praticata con il paziente in piedi o seduto con arto abdotto a 90° ed anteposto di 30°, gomito esteso e primo dito della mano rivolto verso il basso. L'importanza di questa misurazione è quella di valutare il risultato ottenuto in base al trattamento che sia esso riabilitativo o chirurgico. Constant ha valutato queste misure considerando il sesso, l'età e il lato dominante. In una spalla normale comunque la media della forza è di circa 6 Kg e mezzo nelle donne di età media e di circa 11 kg nell'uomo di età media.

Test di Patte

È elettivo per la valutazione della forza e della funzione del sottospinato. Il paziente è tenuto con l'arto in abduzione a 90° ed extrarotazione di 90° ed è invitato alla rotazione esterna forzata contro la mano dell'esaminatore (Figura 3.16). Il test è considerato positivo quando il paziente mostra insufficienza del muscolo e dolore.

Test di Gerber per il sottoscapolare (Lift-off)

È un test elettivo per la valutazione delle lesioni complete del sottoscapolare. Esso viene espletato invitando il paziente a tenere il braccio in massima rotazione interna con l'arto lontano dal dorso e con il gomito flesso (Figura 3.17). L'impossibilità ad allontanare la mano dal dorso è considerato segno di rottura del tendine.

PATOLOGIA DEL BICIPITE

La complessità della patologia del bicipite è di recente acquisizione grazie alla possibilità diagnostica dell'artroscopia. Fino a pochi anni fa venivano presi in considerazione i casi di rottura del bicipite i cui segni semeiologici erano molto chiari al momento della rottura stessa (bolla muscolare al braccio) o lussazione intraarticolare "test di Yergason". Attualmente invece distinguiamo una patologia bicipitale:
1. intraarticolare
2. extracarticolare
a seconda della sede ove si manifesta ed in rapporto con la doccia di torsione omerale.
Ancora non esistono delle possibilità discriminative di ordine clinico per distinguere la sede della patologia. Il test più significativo per evidenziare la lesione o l'insufficienza del capo lungo è il "Palm-up test" (Figura 3.18). Si effettua facendo porre il paziente con ambedue gli arti superiori in massima supinazione dell'avambraccio ed in flessione del braccio a 90°; l'esaminatore imprime una forza dall'alto al basso mentre il paziente si oppone. Il test è considerato positivo quando il paziente riferisce dolore ed impotenza. Questo test comunque non indica una lesione isolata o meno del capo lungo in quanto è positivo in tutti i casi di rottura della cuffia dei rotatori.

PATOLOGIA DELLO SPAZIO CORACOIDEO

Tale patologia è stata studiata in Europa particolarmente da Gerber e Patte. Noi, in circa dieci anni, su 1750 spalle dolorose abbiamo osservato 51 pazienti affetti da una sindrome dolorosa la cui comprensione ha richiesto numerosi approfondimenti anche di carattere istomorfologico oltre che strumentale che hanno orientato la diagnosi verso un conflitto coracoideo antere interno. La base della ricerca è partita dalle considerazioni di Gerber e Patte riguardanti la possibilità che alcune patologie dolorose anteriori fossero determinate dal conflitto coraco-omerale. Tutti i nostri pazienti sono stati sottoposti ad un criterio rigoroso di selezione e ad esami strumentali complessi (studio radiografico secondo Weber e Bernageau, Artro T.C. sec Gerber., Ecografìa, Elettromiografìa, EcoDoppler, Arteriografìa selettiva, RMN). Questi pazienti presentano un test di Jobe e di Neer negativo e non hanno all'esame radiografico anomalie dell'acromion. Abbiamo messo a punto in tale studio un test specifico per questa patologia: Test definito di palpazione, extrarotazione e adduzione (P. E. A). Il paziente è invitato a tenere l'arto addotto al tronco e in massima rotazione estema. Viene effettuata una palpazione profonda ad un centimetro dalla coracoide (Figura 3.19). Tutti i pazienti lamentano undolore violentissimo in caso di positività del test. La sindrome da conflitto coracoideo idiopatica è molto rara ed è determinata effettivamente da una ristrettezza dell'arcocoraco acromiale che si esprime fondamentalmente con dolore di difficile interpretazione di solito anteriore, a volte esacerbato da movimenti di adduzione rotazione intema, dai movimenti ripetitivi, e di solito non si accompagna a lesioni evidenti della faccia superficiale o a tutto spessore del sopraspinoso o dell'intervallo dei rotatori.

ESAME CLINICO NELL ARTROSI DI SPALLA 

Vengono distinte quattro forme di artropatia ossea della spalla:
- Artrosi secondaria a patologia degenerativa della cuffia dei rotatori.
- Artrosi primitiva idiopatica.
- Artrosi post traumatica.
- Artrosi secondaria a necrosi della testa.
Nel primo caso ci troviamo di fronte ad una patologia complessa secondaria alla lesione inveterata ed irreparabile della cuffia dei rotatori. La teoria più accreditata sulla fisiopatologia di tale degenerazione artrosica è quella di Neer. Secondo questo Autore le cause dell'instaurarsi della degenerazione artrosica sarebbero duplici. Il difetto della cuffia dei rotatori agirebbe sulla riduzione del movimento e della funzione articolare della spalla e sulla perdita dello spazio a "tenuta d'acqua"; ciò porterebbe ad una perdita della pressione ed una diminuzione della quantità di liquido articolare e quindi ad una osteoporosi da disuso ed alterazioni biochimiche dell'H2O e dei glicosoamminoglicani della cartilagine. Queste alterazioni comporterebbero un' atrofia cartilaginea e un collasso della struttura subcondrale il che, come circolo vizioso, aggrava la rottura della cuffia. Il difetto della cuffia determina una instabilità grossolana della spalla e quindi la testa migrando in alto determina lussazioni ricorrenti con meccanismo posteriore. Ciò comporta una ulteriore ascesa della testa con usura dell'acromion e della coracoide e dell'articolazione acromionclavicolare. Questo tipo di omoartrosi è molto più frequente di quello che comunemente si crede e assume una variabilità cllnica estremamente mutevole. Infatti molti pazienti hanno una perdita progressiva della funzionalità articolare che avviene in modo asintomatico per cui l'articolazione diventa insufficiente negli anni senza determinare evidenti sintomi dolorosi.
I segni clinici più caratteristici sono:
- Atrofia della fossa sopra e sottospinosa.
- Dolore sul trochite e sul bordo anteriore dell'acromion.
- Dolore spontaneo e provocato sull' articolazione acromion - clavicolare.
- Arco di flessione doloroso.
- Fenomeni di pseudoparalisi con insufficienza globale.
- Fenomeni di emorragia spontanea.
- Diminuzione globale della forza.
L'artrosi primitiva della testa, l'artrosi postraumatica e le necrosi, e l'artrosi da artrite reumatoide vanno discintesia per la storia clinica che per il corteo sintomatologico che l'accompagnano. I segni clinici che diversificano queste patologie possono essere così raggruppati.
Limitazione articolare
L'osteoartrosi presenta una limitazione articolare già dalle prime fasi, essa è più evidente in rotazione interna ed in elevazione; successivamente, con l'avanzare della patologia il danno è più evidente a livello della rotazione estema, mentre l'elevazione viene compensata dal movimento della scapola. Nella patologia della cuffia la mobilità passiva è sempre completa.
Segno dell'iperestesia posteriore
Descritto da Neer, è evidenziabile nelle fasi avanzate della osteoartrosi. Esso è evocato palpando gli speroni ossei posteriori della testa e della glena.
Scrosci articolari e pseudoblocchi
Molti pazienti riferiscono fenomeni di pseudoblocchi articolari. Obiettivamente essi non sono riproducibili, mentre sono evidenziabili i rumori di scroscio articolare. In tutti i pazienti, specialmente nella fase avanzata dell'artrosi, i movimenti di rotazione interna ed esterna producono dolore riferito alla spalla ed irradiantesi verso il gomito.

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