lunedì 27 maggio 2019

FisioPodcast-10-Sindrome del Tunnel Carpale e Laserterapia

Ascolta "FisioPodcast - Parliamo di Fisioterapia" su Spreaker. Oggi vi parlo della sindrome del tunnel carpale. Cos'è, sintomi, diagnosi e trattamento. Parleremo anche di laserterapia.

TRASCRIZIONE DELL'EPISODIO

Sindrome del tunnel carpale

La sindrome del tunnel carpale o canale carpale è la neuropatia periferica più frequente. Interessa circa l’1% della popolazione. È più frequente nelle donne e comunque oltre i 45 anni, quindi parliamo di adulti (oddio io ho 45 anni...). È causata dalla compressione del nervo mediano a livello del polso e si presenta con dolore e torpore nella zona innervata da questo nervo, tipicamente la faccia palmare di pollice, indice, medio e parte dell’anulare. Molto caratteristiche sono le parestesie notturne (cioè formicolii) al palmo della mano che spesso inducono il paziente a scuoterla con parziale o a volte totale beneficio.
Ricordiamo che il nervo mediano origina dal plesso brachiale (quindi a livello del collo) passa dall'ascella, scorre lungo il braccio per raggiungere il palmo e le dita della mano (escluso il mignolo). Ha sia una funzione sensitiva sia motoria, in quanto permette di muovere le dita che innerva.
Le cause della sindrome possono essere diverse:
  • Acute, come traumi, fratture, ulcere e lesioni da schiacciamento
  • Croniche, dovute a movimenti ripetuti o attività lavorative che possono predisporre a tale disturbo, come l’uso continuo del mouse, martello pneumatico, flessioni e estensioni ripetute del polso, ecc.
Si può presentare anche in gravidanza a causa dei cambiamenti ormonali e ad alterazioni dell’equilibrio dei liquidi, ma in questo caso si risolve spontaneamente, senza fare nulla. È anche possibile che esista una predisposizione genetica e che quindi possa essere ereditata dai genitori.
I sintomi tendono a peggiorare nel tempo e possono portare anche a un’inabilità della mano. Addirittura in alcuni casi possono estendersi a tutto il braccio. Il tunnel carpale è uno spazio osteofibroso, nel quale passano diversi tendini e il nervo mediano, il quale può trovarsi schiacciato sotto di esso, in particolare da parte di un legamento, e quindi dare i sintomi neuropatici.
La diagnosi è clinica: il medico esegue diversi test. I più conosciuti sono:
  • Test di Phalen: in cui il paziente tiene i polsi flessi per 60 secondi. Se compaiono parestesie il test è positivo
  • Test di Tinel: in cui il medico percuote la cute del polso e della mano lungo il decorso del nervo mediano. Se il paziente avverte dolore o sensazioni di puntura di spillo il test è positivo.
A seguito della valutazione clinica il medico può ritenere opportuno eseguire esami diagnostici, soprattutto se il quadro è ambiguo e vuole fare diagnosi differenziale rispetto ad altre patologie come sindrome del pronatore, sindrome dello stretto toracico, radicolopatia cervicale o diabete. Gli esami più utili sono:
  • Elettromiografia: misura l'attività elettrica dei muscoli, inserendo sulla zona interessata uno o più elettrodi. Nella sindrome del tunnel carpale, si esegue per escludere l'esistenza di un danno muscolare.
  • Elettroneurografia: misura la velocità di conduzione dei nervi. In questo si valuta se a livello del polso c’è un rallentamento della conduzione del nervo mediano.
  • Raggi X; solo se si sospetta una frattura o patologie articolari come artrosi o artrite reumatoide
  • Esami del sangue; se si teme una forma non diagnosticata di diabete, ipotiroidismo, gotta o artrite reumatoide.

Trattamento

Se i sintomi sono lievi o moderati e il problema è recente si opta per una terapia conservativa (cioè non chirurgica).
La terapia conservativa consiste sostanzialmente in un tutore per il polso e nell’assunzione di antiinfiammatori (FANS ma anche cortisonici o per bocca o iniettabili nel tunnel carpale). Il tutore deve essere confezionato in posizione neutra del polso e indossato di notte e, se il lavoro del paziente lo permette, anche di giorno. Ovviamente bisogna evitare i movimenti e i gesti che possono peggiorare i sintomi, quindi usare il mouse, macchine vibranti, ecc. Può essere utile assumere un integratore a base di vit. B, in particolare B6 così come possono essere utili applicazioni di ghiaccio.
Il fisioterapista può eseguire terapie manuali di decompressione del tunnel carpale, tecniche di desensibilizzazione del sistema nervoso, tecniche di neuro dinamica e mobilizzazioni delle ossa del carpo.; stretching dei muscoli flessori della mano e delle dita, opponente del pollice e pronatori; Utile è anche la terapia fisica come ultrasuoni, iontoforesi e, la vedremo tra poco, la laserterapia, soprattutto a Neodimio-YAG (ottima la Hilterapia) che può alleviare i sintomi e che sembra anche migliorare la trasmissione nervosa.
Se invece i sintomi sono intensi e invalidanti e durano da almeno 6 mesi si opta per la terapia chirurgica. L’obiettivo è liberare il nervo mediano dalla compressione per migliorarne l’escursione e prevenire danni al nervo stesso. Si tratta di un'operazione ambulatoriale che non prevede alcun ricovero. Può essere:
  • A cielo aperto cioè il chirurgo pratica un'incisione di alcuni centimetri sul polso, in corrispondenza del tunnel carpale;
  • A cielo chiuso o endoscopia, quindi con un taglio più piccolo.
La scelta tra le due procedure dipende dal medico anche se sembra che l’operazione a cielo aperto comporti meno complicazioni (infezioni, emorragie, danni al nervo mediano, aderenze) e i tempi di recupero sono praticamente gli stessi. Sono molto rare le recidive. Dopo l’operazione il paziente porta un bendaggio al polso per due giorni; in seguito indossa un tutore e comincia la riabilitazione. Gli obiettivi sono:
  • recuperare il ROM (arco di movimento)
  • trattare la cicatrice appena possibile per evitare complicanze legate ad essa, come le aderenze e il dolore. In quest’ultima eventualità si utilizzano tecniche di desensibilizzazione. Al bisogno il medico prescrive antiinfiammatori
  • Prevenire l’edema. Può risultare utile la terapia fisica: elettroanalgesia, ma anche i campi magnetici pulsati che abbiamo visto nell’episodio 2. Se usate opportunamente sono utili anche la diatermia e la neuroregolazione.
  • Nelle fasi finali si introducono esercizi di rinforzo dei muscoli flessori e estensori che a seguito dell’immobilità si sono indeboliti.
A seconda del lavoro svolto dal paziente, il ritorno alla normalità avviene tra le 2 e le 6 settimane.

Prevenzione

Ci sono alcuni accorgimenti utili per prevenire questa sindrome:
  • Ridurre la forza con cui si eseguono certi gesti. Spesso, certe attività manuali sono eseguite con più forza del necessario.
  • Durante le attività manuali più faticose è bene fare delle pause per permettere, di alleggerire la tensione a carico della mano e del polso.
  • Mantenere al caldo la mano. Il calore migliora la flessibilità della mano. Per esempio in inverno, all’esterno, indossare guanti senza dita.
  • Chi trascorre molte ore al computer è opportuno che tenga la tastiera a livello dei gomiti o più in basso. Sostituire il mouse con un mouse verticale.


Per completezza citiamo la sindrome del pronatore, una condizione che presenta sintomi sovrapponibili a quella del tunnel carpale, ma molto meno frequente. In questo caso il nervo mediano è intrappolato a livello dell’avambraccio, vicino al gomito, dal muscolo pronatore rotondo o, meno spesso dal flessore superficiale delle dita o dal lacerto fibroso. Può essere presente anche un’alterazione della sensibilità a livello dell’eminenza tenar, che sarebbe la zona del primo metacarpo. In questi casi il trattamento conservativo è spesso fallimentare e si ricorre alla chirurgia per liberare il nervo. In genere si consigliano antiinfiammatori, la riduzione delle attività in pronazione contro resistenza e l’utilizzo di un tutore che mantenga il gomito a 90° in posizione neutra. Per chi non lo sapesse la pronazione sarebbe il movimento che porta il palmo della mano in basso.


Laserterapia

Ovviamente è una terapia fisica che sfrutta le proprietà della luce lase. Laser è l’acronimo di (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, amplificazione di luce attraverso l’emissione stimolata di radiazione). Si tratta di apparecchiature che emettono fasci di luce monocromatiche e coerenti. Monocromatico significa di una precisa lunghezza d’onda: coerente significa che i fotoni si mantengono tutti in fase nello stesso istante e possono essere direzionati in modo più preciso.
Il primo dispositivo fu messo a punto nel 1960 dal fisico americano Theodore Harold Maiman. Ad oggi trova applicazione in diversi ambiti industriali e medici, come in fisioterapia, ortopedia, oftalmologia. angiologia, dermatologia, oncologia e urologia. Ovviamente parleremo degli utilizzi in fisioterapia.
Come funziona? Abbiamo una sostanza attiva che può essere solida, liquida o gassosa, i cui atomi vengono eccitati tramite un sistema di pompaggio elettrico. Gli elettroni di questi atomi si spostano da un livello energetico a quello superiore e nel ritornare al livello di partenza emettono fotoni tutti alla stessa energia e lunghezza d’onda. Un sistema di specchi paralleli detto risonatore (formato da uno specchio completamente riflettente e uno semiriflettente) stimola l’emissione di ulteriori fotoni che poi escono tutti paralleli in un fascio detto collimato. Questo è quindi erogato sulla zona da trattare tramite un manipolo.
Il laser esplica la sua azione principalmente sulla membrana cellulare e sui mitocondri, che sono degli organelli all’interno delle cellule il cui compito è produrre energia, sotto forma di ATP. Gli effetti del laser sono diversi:
  • Effetto termico. Qui parliamo di termoterapia ESOGENA perché a differenza della diatermia l’energia è fornita dalla macchina.
  • Vasodilatazione, appunto per l’incremento di temperatura locale
  • Aumento del metabolismo: aumenta la trasformazione di ADP in ATP, il carburante della cellula e anche la produzione di DNA, RNA, proteine e aminoacidi.
  • Attivazione del microcircolo con seguente aumento del drenaggio linfatico per l’accelerazione della pompa sodio/potassio presente sulla membrana cellulare. Questo provoca un maggior assorbimento dei liquidi interstiziali

In fisioterapia il laser viene utilizzato soprattutto per le sue proprietà antidolorifica e antinfiammatoria.
  • L’azione antidolorifica avviene per aumento della soglia delle terminazioni nervose e per liberazione di endorfine. Per soglia si intende la minima intensità di una stimolazione in grado di causare la percezione di un sintomo, in questo caso il sintomo doloroso.
  • L’effetto antinfiammatorio è invece dovuto all’aumento della fagocitosi, all’inibizione di sostanze infiammatorie come le prostaglandine e alla seguente vasodilatazione con aumento del flusso sanguigno.
  • L’infiammazione si accompagna spesso ad edema. La modifica della pressione idrostatica intracapillare, quindi dentro ai vasi, porta anche un effetto antiedemigeno.
  • L’effetto miorilassante è legato all’effetto termico ed è utile per esempio nella terapia decontratturante.
La laserterapia può essere molto efficace ma richiede competenze ed esperienza da parte dell’operatore, soprattutto nella scelta del giusto dosaggio. Ogni sistema biologico, quindi ogni individuo, infatti, può interagire in modo diverso alla stessa intensità di stimolazione, la quale deve essere assolutamente personalizzata e adeguata. Alcuni laser (ad es quelli a elio-neon) hanno potenze molto basse, che difficilmente provocano danni al paziente ma d’altro canto sono anche poco efficaci perché spesso non raggiungono l’intensità richiesta per quello specifico problema. Non raggiungono la dose minima efficace; al contrario una intensità troppo elevata potrebbe portare un effetto boomerang o anche a danni tissutali (es laser a CO2). Per questo le migliori e più potenti apparecchiature presentano un sistema di feedback per consentire all’operatore di monitorare l’erogazione rispetto all’assorbimento della radiazione e quindi all’effetto desiderato.
Come molte altre terapie fisiche, anche il laser può essere considerato un acceleratore, un catalizzatore. Di per sé non guarisce una lesione o un’infiammazione: semplicemente ne accelera l’evoluzione. Introduciamo una semplice formula che definisce l’indice di efficienza:
E = 1- TG/TR, dove TG è il tempo reale di guarigione dopo un periodo di riposo e laserterapia; TR è il tempo di guarigione necessario per guarire con il solo riposo. Quindi l’efficienza di un laser è tanto più elevata quanto è più alto il suo TG. In genere l’indice di efficienza varia da 0 a 50%, dove zero significa che non serve a nulla e 50% che dimezza i tempi di guarigione.
L’efficacia del laser è anche relativa alla patologia. Siccome si utilizza un manipolo più o meno grande, l’azione si esplica in una zona limitata e quindi si utilizza per patologie localizzate e relativamente superficiali, per esempio epicondilite, tendinite achillea. Esistono laser più moderni e potenti che riescono ad agire anche in profondità e possono funzionare per esempio su una pubalgia o in stati infiammatori intraarticolari
L’azione biologica del laser e di conseguenza la dose scelta dipendono da alcuni fattori:
  • dal tipo di tessuto irradiato. Ogni tessuto ha diverse caratteristiche di riflessione e assorbimento
  • dalla lunghezza d’onda (si va dai 632 nm dei laser a elio-neon ai 10.600 nm dei laser CO2; In generale i laser che si usano i fisioterapia emettono radiazioni nel campo del rosso e vicino infrarosso.
  • dalla densità di potenza (cioè dalla potenza sull’unità di superficie, tipicamente W/cm2 o Joule/cm2);
  • dall’inclinazione del raggio laser. È importante che sia perpendicolare rispetto alla superficie da trattare per evitare problemi di rifrazione, di deviazione dela fascio luminoso;
  • dal tempo di esposizione.
Avremo quindi
  • Laser a bassa potenza o soft laser: come i laser a elio-neon e quelli a diodi semiconduttori. Emettono fasci di circa 500 mWatt. Mezzo Watt
  • Laser a alta potenza o power laser: come i laser neodimio YAG o a CO2, con emissione anche di 25 watt. Per la cronaca, YAG è l’acronimo di granato di ittrio e alluminio, un minerale sintetico di allumino e ittrio. Un laser allo stato solido. Bisogna stare attenti ad usarli con esperienza e rapidamente sulla zona da trattare per non causare danni ai tessuti. Per questo spesso vengono usati in modo pulsato (cioè intermittente) regolando la densità dell’energia e alternando cicli di emissione a cicli di non emissione per evitare effetti di accumulo termico e quindi danni tissutali. Citiamo qui anche la Hilterapia (High Intensity Laser Therapy) che è sempre un laser Neodimio-YAG ma ad altissima potenza (fino a 3 KW) e breve durata (quindi di tipo pulsato) che ha la capacità di penetrare fino ai tessuti più profondi e promuove i processi di riparazione e rigenerazione dei tessuti (per esempio lesioni muscolari, cicatrizzazione di ulcere e piaghe). Infatti induce un aumento dell’attività fibroblastica e della sintesi connettivale.
In generale potremmo dire che la modalità pulsata ha un effetto prevalentemente antidolorifico: viene eseguita in maniera puntata con una potenza che varia dai 6 agli 8 watt e si avverte una sensazione di calore e/o pizzicore che aumentano in maniera progressiva. La modalità continua, invece, viene eseguita a scansione su tutta l’area da trattare ed è piacevole per il paziente che avverte solo una sensazione di leggero calore. Questa modalità ha maggior effetto antinfiammatorio e utilizza potenze più elevate (fino a 25 watt) rispetto a quella pulsata.

Indicazioni

A seconda della tipologia, la laser terapia è indicata per le patologie traumatiche e su base infiammatoria come tendiniti, distorsioni, contusioni, talloniti, edemi, ematomi, borsiti; ma anche per stati ulcerosi come decubiti e flebostasi; infine è indicato anche per patologie croniche come l’artrosi, se si dispone di laser ad alta potenza e quindi a maggior capacità di penetrazione.

La seduta

Abbiamo una macchina da cui si diparte un manipolo che viene appoggiato perpendicolarmente sulla zona da trattare, a paziente seduto o sdraiato sul lettino. Una volta scelta la potenza e la modalità (pulsata o continua) inizia l’erogazione. Molto importante è l’uso degli occhiali protettivi sia da parte del paziente sia da parte del terapista in quanto se accidentalmente il raggio dovesse puntare agli occhi causerebbe lesioni retiniche gravi.
Una seduta dura dai 10 ai 20 minuti. Il numero e la frequenza delle sedute sono decisi in base alla disfunzione da trattare.
Le controindicazioni sono la gravidanza, le neoplasie maligne e l’epilessia.

Non vi sono particolari effetti collaterali, ma a seguito del trattamento possono manifestarsi arrossamenti, leggero prurito e piccoli ematomi, che comunque si riassorbono nel giro di qualche giorno. Solo in casi molto rari si verificano piccole e leggere ustioni.


Intro & outro Music by Alex Anceschi
music: http://www.purple-planet.com

+++ Questo podcast non incita all'autotrattamento e all'autodiagnosi. Per le  problematiche descritte negli episodi a seguire consultate sempre il vostro medico o un professionista+++

Fonti:
https://www.asalaser.com/it/terapie-prodotti/hilterapia#
https://www.formamentisweb.it/laserterapia-applicazioni-laser-fisioterapia/
https://www.fisioterapiarubiera.com/laserterapia/
https://www.eufoton.com/it/pazienti/laserterapia/trattamenti-laser-in-fisioterapia
http://www.fisiokinetica.it/prestazioni/terapia-fisica-e-strumentale/laserterapia/
http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/fisica/La-fisica-moderna/La-meccanica-quantistica-e-l-atomo/Approfondimenti/Il-laser.html
http://www.ilfisioterapista.it/index.php/fascicolo-n.5-settembre-ottobre-2017/abstracts/sindrome-del-tunnel-carpale-terapia-manuale.html
Brotzman, Wilk – Manuale di riabilitazione in ortopedia – Elsevier Masson  ISBN 978-88-214-2974-3

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