martedì 30 dicembre 2014

6 DOMANDE PER SCOPRIRE LA FIBROMIALGIA

Un nuovo test aiuta a diagnosticare in anticipo la malattia


Un test che aiuti pazienti e medici e renda più efficaci le cure. Si tratta del cosiddetto Test Benevento, un questionario rivolto a chi soffre di dolore cronico per facilitare una diagnosi il più precoce possibile della fibromialgia.

La fibromialgia è una patologia caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso per tutto il corpo e persistente che si accompagna ed è in parte causa di grave affaticamento. La malattia colpisce in prevalenza donne adulte, mentre è piuttosto rara fra i bambini. Il dolore muscoloscheletrico avvertito dal paziente interessa ogni zona del corpo, e la sua persistenza anche durante la notte pregiudica il riposo, associandosi pertanto a una frequente sensazione di affaticamento e di stanchezza che, a sua volta, soprattutto in soggetti predisposti, provoca sintomi depressivi e ansia.

La diagnosi avviene sulla base dell’individuazione di dolore persistente (più di tre mesi) che colpisca almeno 4 aree del corpo, in associazione al dolore in 11 dei 18 “tender points” (i punti di amplificazione del dolore). La terapia punta innanzitutto a liberare il paziente dal disagio psicologico che può derivare dalla scoperta della malattia. In seguito, viene programmato uno schema di lavoro fisico che contrasti gli effetti della patologia; in particolare viene spesso consigliata l' idrokinesiterapia.

A questo lavoro si aggiunge una terapia cognitivo-comportamentale che può essere individuale o di gruppo. In terzo luogo, una certa percentuale di pazienti ricorre a terapia farmacologica per normalizzare il ciclo sonno-veglia.

Il Test Benevento, ideato in occasione del Convegno medico “Le giornate reumatologiche sannite”, si basa su sei domande che riassumono la sintomatologia peculiare della fibromialgia e analizzano il dolore spontaneo diffuso al risveglio, l’astenia mattutina, le acroparestesie (formicolio, bruciore, costrizione, intorpidimento delle estremità), i disturbi del sonno, la comorbidità pregressa o presente con piccola psicopatologia o stress, la concomitanza di sindromi disfunzionali.

Il test èdisponibile sul sito internet della Reumatologia dell’Ospedale di Benevento (LINK). Tutte le persone che avranno un punteggio del test fuori dalla norma dovranno rivolgersi al loro medico che, dopo averli visitati, li potrà indirizzare a uno specialista del settore.

Il test servirà anche agli specialisti (algologi, reumatologi, fisiatri, ecc.) per distinguere le forme fibromialgiche da quelle legate ad alterazioni strutturali di vari organi ed apparati.

“Ancora troppo spesso il paziente con fibromialgia arriva a scoprire la sua malattia con grave ritardo, dopo aver contattato diversi medici e specialisti – ha dichiarato il Dott. Stefano Stisi che dirige il centro di Reumatologia di Benevento –. Con questo test, che presto sarà disponibile sul sito del nostro reparto, abbiamo pensato di fornire un aiuto concreto a tante persone che soffrono e non ne conoscono la ragione. Una diagnosi corretta di fìbromialgia è il presupposto per cure efficaci”.
Il Test di Benevento è stato messo a punto dai dottori Stisi e Venditti, dalla struttura di reumatologia dell’Ospedale G. Rummo di Benevento, in collaborazione con il dottor Murgia, reumatologo di Cagliari.
Le domande e i punteggi sono stati validati su una popolazione di 83 pazienti affetti da Sindrome Fibromialgica primaria e confrontati con un campione di 36 soggetti sani pari età.
Si tratta del primo test italiano che viene autocompilato dal paziente con il fine di predire il sospetto diagnostico di fibromialgia. Esistono altri questionari simili, i quali tuttavia vengono rivolti ai medici e risultano pertanto ostici da compilare in maniera autonoma da un paziente.
La fibromialgia interessa circa 1,5 milioni di italiani ed è una delle malattie reumatiche più diffuse. Colpisce soprattutto le donne (nove volte su dieci) e il sintomo principale è il dolore cronico.
Non si tratta di una sindrome depressiva o di una malattia immaginaria come molti medici ancora credono, ma di una malattia vera, che interessa i centri di percezione dolorosa situati nella sostanza bianca del cervello e del midollo spinale. Si manifesta con dolori muscolari, affaticamento cronico, ipersensibilità al dolore proveniente anche da stimoli cutanei innocui, mal di testa, disturbi del sonno. Questa alterazione periferica e centrale dei meccanismi del dolore fa sì che ogni stimolo, anche quello più naturale e fisiologico – dallo stare in piedi ai rapporti sessuali – risulti doloroso. E il dolore è cronico, tale da compromettere la qualità di vita.

Foto: 6 DOMANDE PER SCOPRIRE LA FIBROMIALGIA

Un nuovo test aiuta a diagnosticare in anticipo la malattia

Un test che aiuti pazienti e medici e renda più efficaci le cure. Si tratta del cosiddetto Test Benevento, un questionario rivolto a chi soffre di dolore cronico per facilitare una diagnosi il più precoce possibile della fibromialgia.
La fibromialgia è una patologia caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso per tutto il corpo e persistente che si accompagna ed è in parte causa di grave affaticamento. La malattia colpisce in prevalenza donne adulte, mentre è piuttosto rara fra i bambini. Il dolore muscoloscheletrico avvertito dal paziente interessa ogni zona del corpo, e la sua persistenza anche durante la notte pregiudica il riposo, associandosi pertanto a una frequente sensazione di affaticamento e di stanchezza che, a sua volta, soprattutto in soggetti predisposti, provoca sintomi depressivi e ansia.
La diagnosi avviene sulla base dell’individuazione di dolore persistente (più di tre mesi) che colpisca almeno 4 aree del corpo, in associazione al dolore in 11 dei 18 “tender points” (i punti di amplificazione del dolore). La terapia punta innanzitutto a liberare il paziente dal disagio psicologico che può derivare dalla scoperta della malattia. In seguito, viene programmato uno schema di lavoro fisico che contrasti gli effetti della patologia; in particolare viene spesso consigliata l' idrokinesiterapia.
A questo lavoro si aggiunge una terapia cognitivo-comportamentale che può essere individuale o di gruppo. In terzo luogo, una certa percentuale di pazienti ricorre a terapia farmacologica per normalizzare il ciclo sonno-veglia.
Il Test Benevento, ideato in occasione del Convegno medico “Le giornate reumatologiche sannite”, si basa su sei domande che riassumono la sintomatologia peculiare della fibromialgia e analizzano il dolore spontaneo diffuso al risveglio, l’astenia mattutina, le acroparestesie (formicolio, bruciore, costrizione, intorpidimento delle estremità), i disturbi del sonno, la comorbidità pregressa o presente con piccola psicopatologia o stress, la concomitanza di sindromi disfunzionali.
Tra non molto, il test sarà disponibile sul sito internet della Reumatologia dell’Ospedale di Benevento (www.beneventoreumatologia.it). Tutte le persone che avranno un punteggio del test fuori dalla norma dovranno rivolgersi al loro medico che, dopo averli visitati, li potrà indirizzare a uno specialista del settore.
Il test servirà anche agli specialisti (algologi, reumatologi, fisiatri, ecc.) per distinguere le forme fibromialgiche da quelle legate ad alterazioni strutturali di vari organi ed apparati.
“Ancora troppo spesso il paziente con fibromialgia arriva a scoprire la sua malattia con grave ritardo, dopo aver contattato diversi medici e specialisti – ha dichiarato il Dott. Stefano Stisi che dirige il centro di Reumatologia di Benevento –. Con questo test, che presto sarà disponibile sul sito del nostro reparto, abbiamo pensato di fornire un aiuto concreto a tante persone che soffrono e non ne conoscono la ragione. Una diagnosi corretta di fìbromialgia è il presupposto per cure efficaci”.
Il Test di Benevento è stato messo a punto dai dottori Stisi e Venditti, dalla struttura di reumatologia dell’Ospedale G. Rummo di Benevento, in collaborazione con il dottor Murgia, reumatologo di Cagliari.
Le domande e i punteggi sono stati validati su una popolazione di 83 pazienti affetti da Sindrome Fibromialgica primaria e confrontati con un campione di 36 soggetti sani pari età. 
Si tratta del primo test italiano che viene autocompilato dal paziente con il fine di predire il sospetto diagnostico di fibromialgia. Esistono altri questionari simili, i quali tuttavia vengono rivolti ai medici e risultano pertanto ostici da compilare in maniera autonoma da un paziente.
La fibromialgia interessa circa 1,5 milioni di italiani ed è una delle malattie reumatiche più diffuse. Colpisce soprattutto le donne (nove volte su dieci) e il sintomo principale è il dolore cronico. 
Non si tratta di una sindrome depressiva o di una malattia immaginaria come molti medici ancora credono, ma di una malattia vera, che interessa i centri di percezione dolorosa situati nella sostanza bianca del cervello e del midollo spinale. Si manifesta con dolori muscolari, affaticamento cronico, ipersensibilità al dolore proveniente anche da stimoli cutanei innocui, mal di testa, disturbi del sonno. Questa alterazione periferica e centrale dei meccanismi del dolore fa sì che ogni stimolo, anche quello più naturale e fisiologico – dallo stare in piedi ai rapporti sessuali – risulti doloroso. E il dolore è cronico, tale da compromettere la qualità di vita.

TAPING NEUROMUSCOLARE


Taping NeuroMuscolare é una tecnica basata sui processi di guarigione naturale del corpo. I muscoli non sono solo legati ai movimenti del corpo, ma anche al controllo della circolazione dei liquidi venosi e linfatici, della temperatura corporea ecc, pertanto il funzionamento non appropriato dei muscoli induce differenti tipologie di sintomi. La tecnica Taping NeuroMuscolare si basa su un concetto terapeutico che agevola liberi movimenti al fine di permettere al sistema muscolare di aiutare il corpo ad auto guarirsi biomeccanicamente.

Il Taping NeuroMuscolare che si basa sulle naturali capacità di guarigione del corpo, è una tecnica correttiva meccanica e sensoriale che favorisce una migliore circolazione sanguigna e linfatica nell’area da trattare. E’ ideale nella cura di muscoli, nervi e organi nelle situazioni post-traumatiche, in fisioterapia o semplicemente per migliorare il rendimento sportivo.

L’uso del Taping NeuroMuscolare offre all’operatore medico sportivo e fisioterapista un approccio nuovo, innovativo e non farmacologico che va alla radice di ogni patologia. I muscoli sono trattati con un nastro elastico, che permette il pieno movimento muscolare e articolare e attiva le difese corporee aumentando la capacità di guarigione.

Foto: TAPING NEUROMUSCOLARE (i famosi nastri colorati)

Taping NeuroMuscolare é una tecnica basata sui processi di guarigione naturale del corpo. I muscoli non sono solo legati ai movimenti del corpo, ma anche al controllo della circolazione dei liquidi venosi e linfatici, della temperatura corporea ecc, pertanto il funzionamento non appropriato dei muscoli induce differenti tipologie di sintomi. La tecnica Taping NeuroMuscolare si basa su un concetto terapeutico che agevola liberi movimenti al fine di permettere al sistema muscolare di aiutare il corpo ad auto guarirsi biomeccanicamente. 


Il Taping NeuroMuscolare che si basa sulle naturali capacità di guarigione del corpo, è una tecnica correttiva meccanica e sensoriale che favorisce una migliore circolazione sanguigna e linfatica nell’area da trattare. E’ ideale nella cura di muscoli, nervi e organi nelle situazioni post-traumatiche, in fisioterapia o semplicemente per migliorare il rendimento sportivo. L’uso del Taping NeuroMuscolare offre all’operatore medico sportivo e fisioterapista un approccio nuovo, innovativo e non farmacologico che va alla radice di ogni patologia. I muscoli sono trattati con un nastro elastico, che permette il pieno movimento muscolare e articolare e attiva le difese corporee aumentando la capacità di guarigione.

http://www.taping.it/blog/wp-content/uploads/2012/03/5-taped_front+logo.jpg

TECAR ® / Tecarterapia / Diatermia

Una terapia ormai famosissima, sbarcata in Italia nei primi anni 2000, appannaggio solo degli sportivi d'alto livello (serie A, atleti olimpici...) all'inizio, probabilmente per i costi del macchinario, e oggi non c'è giornale sportivo amatoriale che non la consiglia per le più svariate patologie.

UNA PREMESSA IMPORTANTE:

Ma quanto è facile, però, leggere nei forum nel web, storie di delusioni, di "cuori affranti", di aspettative e promesse non mantenute.
Il boom della tecarterapia, i prezzi dei macchinari lievemente più basso, ha fatto sì che tanti terapisti utilizzino questo macchinario senza aver mai eseguito almeno un corso base.
E la differenza nei risultati, in questo caso, la fa proprio la metodologia di utilizzo!
Qualcuno mi disse: "Se ti dò la Ferrari di Schumacher, credi di ottenere i suoi stessi risultati?"

Innanzitutto, una dovuta precisazione: la Tecar ® / Tecarterapia / Diater / Diatermia NON E' LA PANACEA!

COME FUNZIONA:

Una particolare frequenza, scoperta in Spagna nella fine degli anni '80, stimola l'ossigenazione nella cellula del 300%, quindi accelera il metabolismo e la rigenerazione tissutale.
In realtà le macchine per diatermia erano già state utilizzate dai nazisti nella seconda guerra mondiale per accelerare la guarigione delle ferite di guerra dei soldati e poi "esportata" in America e presto abbandonata, non avendo ancora sperimentato la suddetta frequenza.

In base ai tessuti bersaglio si utilizzano due manipoli: uno detto "CAPACITIVO", l'altro detto "RESISTIVO".
Il calore prodotto è da considerarsi "ENDOGENO", ovvero "PRODOTTO DAL CORPO TRATTATO"; la Tecar ® / Tecarterapia / Diater / Diatermia non è un ferro da stiro

Il movimento degli elettroni all'interno del tessuto umano mette in moto le cellule e produce calore.

COME DEVE ESSERE UTILIZZATA:

In base ai fini terapeutici può essere utilizzata in
  • ATERMIA (nessun calore, per esempio nei casi di impianti protesici),
  • OMOTERMIA (temperatura corporea, per esempio nei drenaggi),
  • IPERTERMIA (calore più o meno forte, per esempio per articolazioni artrosiche).
Tranne nei casi in cui l'energia va applicata in un punto preciso e per determinati scopi, il manipolo diventa "UNA PROLUNGA DELLA MANO DEL TERAPISTA"!
QUESTO LA DIFFERENZIA UN'ALTRA TERAPIA FISICA!
Proprio perchè essa AUMENTA L'EFFICACIA della manualità del terapista, il manipolo viene tenuto in mano:

  • Durante un massaggio decontratturante / linfodrenante
  • Durante una mobilizzazione a leva lunga (per esempio mentre il terapista mobilizza tutto l'arto inferiore)
  • Durante una mobilizzazione a leva corta (per esempio mentre il terapista esegue spostamenti di un omero, in una terapia della spalla)
  • Durante un esercizio attivo eseguito dal paziente, anche con l'ausilio di elastici, pesi...
  • Durante movimenti complessi, per esempio durante la pedalata sulla cyclette o un esercizio propriocettivo sulla tavoletta.

EFFETTO BIOLOGICO:

Questi effetti sono:
- aumento del metabolismo cellulare localizzato;
- aumento della microcircolazione capillare e arteriolare;
- iperossigenazione tessutale con riduzione dei processi infiammatori;
- drenaggio venolinfatico con riduzione degli edemi e delle stasi congestizie;
- rimozioni dei cataboliti tessutali;
- riduzione del dolore per desensibilizzazione delle terminazioni periferiche e aumento delle endorfine;
- aumento della velocità di riparazione dei tessuti;
- risoluzione dei processi cronico degenerativi;
- azione decontratturante e defaticante muscolare.

DISCOPLASTICA - L'ERNIA CERVICALE BATTUTA DA UN AIR BAG

Ecco l'ultima frontiera per curare l'ernia del disco cervicale. Un disco artificiale che va a sostituire quello originario usurato e diventa un air bag vertebrale capace di eseguire tutti i movimenti normali della zona cervicale. Assorbe gli "shock" e restituisce mobilità in tempi record. Il suo impianto potrebbe in breve sostituire la normale tecnica chirurgica per risolvere il problema dell'ernia cervicale che colpisce dai 20 anni in su. 

Conferme dell'efficacia del dispositivo e della tecnica arrivano anche dal Politecnico di Milano, dove studi di biomeccanica assicurano la sua totale somiglianza con il disco intervertebrale 'naturale' dal punto di vista dell'assorbimento degli shock e del movimento. 


La discoplastica, questo il nome dell'innovativa tecnica chirurgica, considerati gli ottimi risultati ottenuti sarà presto approvata dell'FDA. "I dati di Barcellona confermano quello che anche i dati provenienti dalla nostra casistica, e non ancora pubblicati, hanno già rivelato: le generali condizioni cliniche del paziente risultano sensibilmente migliorate rispetto alla tecnica tradizionale - ha affermato Roberto Assietti, il neurochirurgo del Fatebenefratelli di Milano che realizza, tra i pochissimi in Italia, questo tipo di intervento. 


"Il risultato a mio avviso più sorprendente - ha continuato Assetti - è che il paziente lo stesso giorno dell'intervento può alzarsi, sfilarsi il collare e dopo neanche 10 giorni ricominciare le sue normali attività quotidiane. Risultati molto più lunghi e più difficili da raggiungere con la tecnica tradizionale, che resta comunque una buona soluzione per pazienti non candidati a questa tecnica". 


L'ernia del disco cervicale è una patologia degenerativa che può insorgere a qualsiasi età in soggetti geneticamente predisposti. Le vertebre, che hanno la funzione di proteggere il midollo spinale, sono separate da un disco che per il 90% è costituito da soluzione acquosa, capace di assorbire urti e shock di varia natura. La formazione di un'ernia è facilitata dalla perdita del contenuto acquoso di un disco intervertebrale. Basta una scorretta posizione durante il lavoro, nel sonno, piccoli traumi per provocare alterazioni in una struttura già predisposta. I sintomi sono il collo bloccato e un dolore acuto che interessa braccio, avambraccio fino a raggiungere la mano.

Fino a qualche anno fa questa patologia veniva curata solo con una tecnica chirurgica chiamata "fusione intersomatica" che consiste nel bloccaggio, attraverso un sistema di viti, placche e innesti, di due 'corpi' vertebrali. Di sicura efficacia nel breve periodo, a lungo termine la fissità di 2 o più elementi può determinare una degenerazione delle vertebre adiacenti. Conferme arrivano da alcuni studi che hanno dimostrato che per oltre il 30% dei pazienti trattati con la "fusione" è necessario un nuovo intervento a causa della fissità degli elementi cervicali e della conseguente degenerazione delle vertebre che compromettono, comunque, la motilità. 

Per evitare questa e altre conseguenze è iniziata la diffusione delle discoplastica. Un disco artificiale viene posizionato al posto dell'originario danneggiato, riforma il cuscinetto "shock-absorbing" e ripristina la motilità a livello delle vertebre trattate grazie alla presenza di un nucleo flessibile.


"Con i bioingegneri, con cui collaboriamo - ha concluso Assetti - abbiamo osservato anche la biomeccanica dei dischi artificiali capaci, una volta impiantati, di assecondare gli stessi movimenti dei dischi vertebrali della colonna cervicale e assicurare al paziente, quindi, la ripresa di una vita normale".

Il disco cervicale artificiale è un dispositivo mobile progettato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1993 e utilizzato per sostituire chirurgicamente un disco intervertebrale cervicale affetto da patologia degenerativa. La protesi sostituisce il disco in tutte le sue funzioni, proteggendo i dischi intervertebrali dei livelli adiacenti dai sovraccarichi di stress che si possono verificare, invece, nel caso di un intervento chirurgico di tipo tradizionale. Sono passati 5 anni dai primi interventi in Europa e da allora oltre 5000 pazienti hanno risolto i loro problemi con questa nuova tecnologia.

ALGODISTROFIA, DECORSO E TRATTAMENTO

Si manifesta come un dolore molto forte, sproporzionato all'entità del trauma e apparentemente inspiegabile, che colpisce i piedi e più raramente le mani.

A scatenare questa reazione esagerata basta un trauma come una frattura, una distorsione o una contusione o anche un intervento chirurgico, non necessariamente gravi o seguiti da complicazioni.

Un altro nome per l'algodistrofia è anche distrofia simpatica riflessa.

Da questo si capisce in parte il motivo del disturbo: tutto avviene perchè il sistema nervoso autonomo (simpatico) reagisce al dolore a livello locale in modo autonomo e sproporzionato causando anche dei disturbi vascolari a tissutali.

Da questi disturbi derivano i sintomi che consistono in un dolore molto forte, continuo ed intollerabile, purtroppo anche resistente ai farmaci. La parte interessata si gonfia e diventa pallida e fredda, anche se il paziente avverte un forte bruciore. Non si riesce ad infilare il piede nella scarpa e poggiare la pianta a terra scatena i sintomi. La stampella può essere d'aiuto ma si riescono a fare pochi passi. I dolori continuano tutta la notte e al mattino quando si cerca di mettere il piede a terra si scatenano sensazioni di scossa elettrica e formicolii. Per questo si pense di rivolgersi a specialisti neurologi e vascolari, ma gli esami non mostrano alterazioni significative

Infatti le radiografie risultano inutili perchè la frattura è ricomposta e anche in caso di traumi diversi o distorsioni il danno risulta guarito.

Dopo alcune settimane dalla comparsa del dolore i tessuti cominciano ad alterarsi, la pelle diventa sottile e atrofica, le articolazioni si irrigidiscono e alle radiografie di controllo compare localmente una grave osteoporosi.

Il lato positivo è che l'algodistrofia scompare così misteriosamente come è arrivata, senza invalidità o danni permanenti. Perchè il problema si risolva tuttavia ci vogliono circa sei mesi e in questo tempo non bisogna rassegnarsi al dolore ma combatterlo al meglio per spezzare il circolo vizioso che si instaura. Infatti il disturbo viene innescato e sostenuto dal dolore attraverso un circuito riflesso che coinvolge i recettori del dolore, le fibre nervose simpatiche e la muscolatura dei vasi capillari. 

Le terapie devono quindi essere rivolte alla soppressione sintomatica del dolore.
I farmaci più efficaci sono i blocchi anestetici dei tronchi nervosi periferici e i blocchi dei gangli simpatici. Sono iniezioni di anestetici locali che devono essere eseguite da anestesisti esperti o presso un centro di terapia del dolore. Inoltre bisogna combattere la rigidità articolare e l'osteoporosi con la fisioterapia.
 I farmaci antidepressivi fanno parte della terapia e sono mirati ad annullare la componente affettiva ed emotiva del dolore.

Foto: ALGODISTROFIA, DECORSO E TRATTAMENTO

Si manifesta come un dolore molto forte, sproporzionato all'entità del trauma e apparentemente inspiegabile, che colpisce i piedi e più raramente le mani.
A scatenare questa reazione esagerata basta un trauma come una frattura, una distorsione o una contusione o anche un intervento chirurgico, non necessariamente gravi o seguiti da complicazioni.
Un altro nome per l'algodistrofia è anche distrofia simpatica riflessa.
Da questo si capisce in parte il motivo del disturbo: tutto avviene perchè il sistema nervoso autonomo (simpatico) reagisce al dolore a livello locale in modo autonomo e sproporzionato causando anche dei disturbi vascolari a tissutali.
Da questi disturbi derivano i sintomi che consistono in un dolore molto forte, continuo ed intollerabile, purtroppo anche resistente ai farmaci. La parte interessata si gonfia e diventa pallida e fredda, anche se il paziente avverte un forte bruciore. Non si riesce ad infilare il piede nella scarpa e poggiare la pianta a terra scatena i sintomi. La stampella può essere d'aiuto ma si riescono a fare pochi passi. I dolori continuano tutta la notte e al mattino quando si cerca di mettere il piede a terra si scatenano sensazioni di scossa elettrica e formicolii. Per questo si pense di rivolgersi a specialisti neurologi e vascolari, ma gli esami non mostrano alterazioni significative. 
Infatti le radiografie risultano inutili perchè la frattura è ricomposta e anche in caso di traumi diversi o distorsioni il danno risulta guarito.
Dopo alcune settimane dalla comparsa del dolore i tessuti cominciano ad alterarsi, la pelle diventa sottile e atrofica, le articolazioni si irrigidiscono e alle radiografie di controllo compare localmente una grave osteoporosi.
Il lato positivo è che l'algodistrofia scompare così misteriosamente come è arrivata, senza invalidità o danni permanenti. Perchè il problema si risolva tuttavia ci vogliono circa sei mesi e in questo tempo non bisogna rassegnarsi al dolore ma combatterlo al meglio per spezzare il circolo vizioso che si instaura. Infatti il disturbo viene innescato e sostenuto dal dolore attraverso un circuito riflesso che coinvolge i recettori del dolore, le fibre nervose simpatiche e la muscolatura dei vasi capillari. Le terapie devono quindi essere rivolte alla soppressione sintomatica del dolore.
I farmaci più efficaci sono i blocchi anestetici dei tronchi nervosi periferici e i blocchi dei gangli simpatici. Sono iniezioni di anestetici locali che devono essere eseguite da anestesisti esperti o presso un centro di terapia del dolore. Inoltre bisogna combattere la rigidità articolare e l'osteoporosi con la fisioterapia. I farmaci antidepressivi fanno parte della terapia e sono mirati ad annullare la componente affettiva ed emotiva del dolore.

PERICOLO TACCHI ALTI PER MUSCOLI E TENDINI

Ricerca mette in guardia sui rischi per la salute dovuti ai tacchi alti

Sono certamente molto sexy e assolutamente adatti a una serata elegante, ma i tacchi a spillo rischiano di compromettere seriamente la salute dei piedi delle signore che li indossano.

Una ricerca condotta in collaborazione fra Manchester Metropolitan University e Università di Vienna punta il dito contro uno degli accessori preferiti dalle donne di tutto il mondo, sostenendo che indossare tacchi alti per periodi di tempo prolungati possa causare un accorciamento delle fibre muscolari e un ispessimento del tendine d'Achille.

La ricerca, firmata dal prof. Marco Narici e dal dottorando Robert Csapo, è stata pubblicata sul Journal of Experimental Biology e ha analizzato 80 donne fra i 20 e i 50 anni che indossavano abitualmente tacchi alti almeno cinque centimetri.


Le volontarie sono state sottoposte a una serie di accertamenti, fra cui risonanze magnetiche ed esami agli ultrasuoni, gli stessi test utilizzati per verificare le condizioni di un secondo gruppo di donne che aveva dichiarato di non indossare i tacchi a spillo, ma scarpe basse. Mettendo a confronto i dati emersi, i ricercatori hanno potuto stabilire nelle donne che indossavano abitualmente i tacchi una riduzione del 13 per cento delle fibre muscolari del polpaccio e un ispessimento del tendine di Achille.


Nelle parole del prof. Narici, si intuisce il meccanismo fisico che porta le donne a lamentarsi spesso per i dolori ai piedi e alle gambe: “il tendine cerca di compensare l’accorciamento delle fibre muscolari del polpaccio, consentendo alle amanti dei tacchi di camminare in maniera ottimale, ma provocando loro, però, del disagio. Disagio che si acutizza quando indossano le scarpe basse perché, così ispessito, non riesce ad allungarsi a sufficienza”.


Inoltre, questo di tipo di calzatura aumenta in modo esponenziale, i rischi di soffrire del doloroso neuroma di Civinini-Morton, che prende il nome dai medici che lo scoprirono nell'Ottocento: Filippo Civinini, Thomas e Dudley Morton.
Questa sindrome comporta l'aumento di volume di un nervo sensitivo interdigitale, normalmente quello passante per il terzo spazio intermetatarsale, causato da uno stimolo irritativo cronico di natura meccanica.
Questo stimolo meccanico, derivante dall'uso di tacchi alti, provoca la crescita di tessuto cicatriziale fibroso intorno al nervo stesso, prima della sua biforcazione alla radice delle dita.
La sindrome di Civinini-Morton provoca dolore intenso sotto la pianta del piede, che poi si irradia fra le dita e si acuisce col movimento del piede: questa patologia è classificabile tra le neuropatie degenerative su base meccanica ed è indotta dall'uso eccessivo di scarpe non adatte al normale funzionamento dei nostri piedi, come accade con i tacchi a spillo.


Il consiglio dei medici è quindi di non utilizzare in maniera esclusiva le scarpe con i tacchi alti, ma al contrario di usare prevalentemente quelle più basse e comode, lasciando le prime per serate le particolari, scongiurando così dolori e danni fisici gravi.

lunedì 29 dicembre 2014

IL NUCLEO CEREBRALE CHE FISSA L'ATTENZIONE VISIVA

il Pulvinar è un nucleo talamico ed è strettamente connesso al sistema visivo, in questo articolo che condivido, si parla del pulvinar come filtro di attenzione visiva.
Pensando da un punto di vista multidisciplinare, oltre a quanto citato nell'articolo, quali sono le implicazioni con il processo decisionale degli arbitri durante una partita o il piazzamento e spostamento a tempo di un giocatore durante una partita. Utile anche, non di meno, con il legame con i DSA (disturbi specifici dell''apprendimento).
Ecco perché il training visivo può ottimizzare tale processo intervenendo nel miglioramento delle capacità recettivo-motorie dell'atleta
buona lettura a tutti dal gruppo di clinica visuo-posturale
https://www.facebook.com/groups/1406450029572791/

Dal testo:

I risultati dei test hanno mostrato che l’attenzione filtra sia le informazioni relative alla posizione sia quelle relative alle caratteristiche intrinseche degli stimoli visivi: la posizione e l'orientamento degli stimoli salienti a cui il soggetto prestava attenzione risultavano codificati con grande precisione, mentre per i fattori di distrazione non emergeva alcuna codifica.
Il risultato indica quindi che il pulvinar è coinvolto nel filtrare l’informazione visiva risultati dei test hanno mostrato che l’attenzione filtra sia le informazioni relative alla posizione sia quelle relative alle caratteristiche intrinseche degli stimoli visivi: la posizione e l'orientamento degli stimoli salienti a cui il soggetto prestava attenzione risultavano codificati con grande precisione, mentre per i fattori di distrazione non emergeva alcuna codifica.
Il risultato indica quindi che il pulvinar è coinvolto nel filtrare l’informazione visiva "di fondo", aiutando a mantenere la nostra attenzione sugli elementi rilevanti ai fini del comportamento.