lunedì 29 dicembre 2014

I PROBLEMI DEL GINOCCHIO. CURE E NOVITA'


Introduzione

Il ginocchio è la principale vittima degli incidenti. E poi ci sono gli anziani e i problemi legati all’artrosi, senza dimenticare che le persone avanti con gli anni spesso rimangono vittime di incidenti. Abbiamo sentito il professore Aglietti, Presidente della Società Internazionale della Chirurgia del Ginocchio e Direttore della I Clinica Ortopedica dell’ Università di Firenze.

Le ultime ricerche? 

Nel caso della lesione del legamento crociato anteriore si procede, con l’artroscopia, alla ricostruzione a due fasci. Ecco la novità: fino ad ora si ricostruiva un solo fascio. Il crociato ha due fasci di legamenti e quindi adesso si ritiene corretto procedere alla ricostruzione di tutti e due. Altra importante novità è rappresentata dallo studio dei pazienti che hanno subito un danno al ginocchio. Si collocano sensori elettromagnetici, collegati ad un computer sul ginocchio. Questi sensori, consentono di valutare la cinematica del ginocchio e quindi di studiare meglio il danno. Per quanto riguarda la chirurgia protesica la novità è che adesso il taglio del ginocchio per collocare la protesi è sempre più piccola. Grande l’aiuto che viene dal navigatore che può aiutare, con la sua sofisticata strumentazione mutuata dai simulatori spaziali, il chirurgo nel momento dell’operazione. 

Ma perché così tanta attenzione verso il ginocchio? 

Basterebbe solo un’espressione per rispondere alla domanda. Siamo davanti ad un’epidemia, quella del calcetto. Gli infortunati crescono giorno dopo giorno. E poi, gli incidenti della strada soprattutto quelli che vedono vittime i motociclisti, un po’ meno gli automobilisti. Il problema più importante rimane quello degli anziani che vedono il loro ginocchio obiettivo privilegiato dell’artrosi. 

Andiamo per ordine. Cominciamo dal calcetto. 

Da alcuni anni c’è il boom del calcetto. I calciatori dilettanti credono che basti mettersi in una tuta sportiva, calzare un paio di scarpe con i tacchetti e mettersi a dare calci ad un pallone. Senza preparazione e senza tenere conto dei fattori ambientali. Ecco i motivi per cui l’incidente è in agguato: si gioca la sera, anche se è inverno, quando fa freddo o è umido e questi sono fattori che incidono sull’organismo che è messo in condizioni di non reagire. Giocare di sera in qualunque stagione vuol dire arrivare sul campo dopo una giornata di lavoro, magari molto stressante, magari dominata da discussioni con capi o colleghi. L’organismo è già debilitato. Solitamente gioca a calcetto chi tanto giovane non è: il giovane preferisce giocare in squadre dilettantistiche ma su campi normali. Di solito si va dai trenta ai cinquant’anni e si tratta, in maggioranza, di persone che non hanno mai giocato al calcio e quindi non hanno l’organismo predisposto. Il fattore dominante è la mancanza di allenamento: senza un’adeguata preparazione non si può affrontare una competizione anche se amichevole. Solo nel calcetto si può pensare di praticare uno sport senza un allenamento. Altro elemento è che si gioca su un terreno artificiale, duro, che certamente non favorisce l’attenuazione dei colpi da parte dell’apparato osteo-muscolare. Anzi. Infine, si gioca con scarpe che hanno tredici tacchetti. Questo vuol dire che il piede rimane fermo sul terreno e il ginocchio gira. Tutti questi elementi influiscono in modo preponderante sul ginocchio che sopporta i colpi, le torsioni dell’arto inferiore. A risentirne sono i legamenti, in modo particolare il crociato anteriore e il menisco. I danni maggiori li registriamo nei giocatori intorno ai 30 anni, che non si sono mai allenati. 

Ma è vero che sempre più donne finiscono per subire un danno al ginocchio durante un’attività sportiva? 

Questa è una novità. Certamente il numero delle donne che fa sport è inferiore a quello degli uomini ma se andiamo a vedere l’incidenza degli infortuni al ginocchio con danni ai legamenti e al menisco troviamo sempre più donne. Bisogna ricordare che in caso di un incidente la donna subisce un danno al ginocchio quattro volte di più di un uomo. La donna, infatti, abitualmente si muove in maniera diversa dall’uomo. E poi, quando cade a terra, si comporta in modo diverso dal maschio. Mi spiego. In un’elevazione l’uomo ricade quasi sedendo e cioè assorbendo l’urto, la donna da un’elevazione cade con il ginocchio esteso. E poi ci sono fattori ormonali e anche anatomici: ad esempio, i legamenti crociati delle donne sono più piccoli rispetto a quelli dell’uomo. Per avere un quadro preciso basti pensare che ci sono degli sport come la pallamano che sono propri delle donne. Non dobbiamo dimenticare che sono sempre più diffusi la pallavolo e il basket fra il gentil sesso. 

E’ il ginocchio nell’anziano un organo bersaglio. Perché? 

Si è allungata la vita media. Un tempo c’era l’artrosi ma gli anziani non vivevano così a lungo e non si vedevano le influenze di questa malattia sul ginocchio. Adesso si vive a lungo e l’artrosi accompagna i capelli bianchi per qualche decennio. L’artrosi è la malattia più frequente fra quelle reumatiche e colpisce in modo notevole il ginocchio. In pratica questa patologia “sforma” il ginocchio, lo devia provocando dolore, deformità, gonfiore. E il paziente non riesce più a piegarlo. Non cammina più. C’è tanta gente che per colpa dell’artrosi al ginocchio rimane prigioniera in casa. A soffrirne sono di più le donne, il doppio degli uomini. L’età di insorgenza è intorno ai 60 anni. 

Ma è un pianeta affollato quello dell’artrosi al ginocchio? 

Su cento anziani, 70 soffrono proprio di questa patologia al ginocchio. La metà di questi necessita dell’intervento chirurgico. E di questi 35, in 18 ricorrono alle protesi o all’artroscopia.

Qualche consiglio agli anziani. 

Non portare avanti la malattia dell’artrosi senza rivolgersi ad uno specialista per troppo tempo. L’anziano purtroppo ha una regola, sbagliata: resistere, resistere, resistere. E poi sentire un medico. Attribuisce la patologia all’ineluttabile trascorrere degli anni. Altro errore da evitare è credere che il calore combatta la malattia: è il freddo che può dare vantaggio. Infine, è sbagliato pensare che lo stare fermi aiuti. 

E passiamo al ginocchio che rimane vittima di un incidente della strada. 

E’ il motociclista a rischiare di più. Correttamente con il casco ha protetto la testa , con le apposite giacche imbottite da moto le spalle e i gomiti ma non fa niente per il ginocchio. Su cento motociclisti che cadono dalla moto, in 90 subiscono una frattura, in maggioranza della rotula, ma è alto anche il numero delle fratture del femore nella parte sovracondiloidea e del piatto tibiale. Il problema è che il motociclista tocca subito terra e quindi il primo impatto è quello del ginocchio. Quando un motociclista impatta contro un’altra automobile si lesiona il crociato posteriore mentre se cade dalla moto si frattura, prevalentemente il ginocchio. L’automobilista, per quanto riguarda il ginocchio è più protetto. Anche se c’è sempre in agguato il cosiddetto trauma da cruscotto che mette in crisi proprio il ginocchio. Per il resto le cinture di sicurezza quando vengono correttamente usate danno protezione. In sintesi, su cento incidenti che fanno registrare un danno al ginocchio, 90 hanno per vittime i motociclisti, il resto gli automobilisti. 

Ma non c’è il robot? 

E’ finita l’era del robot. Aveva fatto tanto ben sperare ma adesso è stato soppiantato dal navigatore. Si parla tanto di trapianti. Anche in merito al ginocchio?
In modo particolare del trapianto dei legamenti. Adesso si possono acquistare da un’apposita “banca”, un tempo potevano essere presi solo dallo stesso paziente. Si tratta di legamenti provenienti da cadaveri. Qualche paziente rivela perplessità davanti alla spiegazione del chirurgo, teme di poter ricevere tramite il legamento una malattia proveniente dal donatore. Il rischio in verità è veramente minimo. Per un certo tempo si è ricorso ai legamenti artificiale utilizzando il dracon, le fibre di carbonio e il poliestere. Ma adesso non si adoperano più. C’è da aggiungere che si effettuano trapianti di cartilagine prelevata dallo stesso paziente, coltivata in vitro con l’ingegneria tissutale e poi reimpiantata nello stesso paziente. A questo proposito il mondo della ricerca guarda con molta attenzione alle cellule staminali.

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