lunedì 22 dicembre 2014

La sindrome del Piriforme

muscolo-piriforme

Introduzione


Il dolore sciatalgico, spesso provocato da un’ernia discale, da una stenosi lombare e da una massa tumorale, può anche essere causato da un’ematoma presente nei muscoli ischiocrurali, e talora dal muscolo piriforme divenuto così rigido e voluminoso da comprimere il nervo sciatico, scatenando dolori e parestesie alla regione glutea e alla porzione posteriore dell’arto inferiore. La sindrome del piriforme (SP), così fu definita per la prima volta da Yoeman nel 1928, nonostante venga spesso misconosciuta proprio per la presenza del classico dolore sciatalgico, sembra essere una causa non rara di dolore al gluteo e all’arto inferiore. In uno studio compiuto su 240 pazienti con manifestazioni e sintomi di radicolite lombosacrale, la SP era stata diagnosticata nel 43% dei soggetti. Questa sindrome, che colpisce prevalentemente il sesso femminile (rapporto 6:1 con gli uomini), è in grado di scatenare dolori e deficit motori all’arto inferiore così importanti da impedire all’individuo il normale svolgimento delle attività lavorative e sportive e, nei casi più severi, da limitare le normali attività quotidiane


Sintomi

La sintomatologia della SP può comprendere un rigonfiamento esteso dal sacro al gran trocantere, dolore e/o parestesie al tratto lombare, alla regione glutea, alla porzione posteriore della coscia e della gamba, alla pianta del piede, nonchè deficit motori e aree di ipoestesia all’arto inferiore. Frequentemente tali sintomi si presentano in forma più acuta dopo un lungo periodo in posizione seduta, specie con il femore intraruotato, o dopo lo svolgimento di attività sportive e lavorative particolarmente intense.

Diagnosi

La diagnosi della SP si raggiunge principalmente con un esame clinico, anche se in alcuni casi trovano indicazione lo studio della conducibilità nervosa dello sciatico, la TAC e la risonanza magnetica che permettono di visualizzare il piriforme e le strutture neuro-vascolari limitrofe. L’osservazione del paziente e l’esecuzione di alcuni test clinici sono tuttavia sufficienti per valutare la stiffness del piriforme e la compressione dello sciatico. La rotazione esterna del femore, visibile quando il paziente in posizione supina atteggia il piede in extrarotazione, può essere un segno di tensione meccanica a carico del piriforme o di altri rotatori esterni dell’anca.
Tra i test clinici maggiormente citati in letteratura vi è il test di Freiberg, la cui esecuzione avviene con il paziente in posizione prona, flettendo passivamente il ginocchio a 90° e portando la gamba all’esterno per imprimere al femore una rotazione interna: lo stiramento del muscolo piriforme (che è un extrarotatore) scatena, in caso di positività del test, sia un dolore muscolare, sia un sintomo da compressione dello sciatico. Questo test permette inoltre di indagare il grado di estensibilità del piriforme e di altri rotatori esterni dell’anca.
Per testare in modo più analitico la tensione del piriforme, Saudek propone invece di posizionare il soggetto in decubito controlaterale, con l’anca e il ginocchio da valutare flessi a 90°, e di addurre passivamente il femore mentre si stabilizza il bacino.
Diversamente Pace e Nagle fanno eseguire al paziente una abduzione-extra-rotazione isometrica delle anche contro le mani dell’esaminatore dalla posizione seduta: il piriforme, aumentando il proprio diametro e la propria tensione durante la contrazione, può scatenare dolori miofasciali e di natura compressiva.

La palpazione della natica sofferente permette di valutare la presenza di gonfiore, la tensione del ventre muscolare e l’attività dei TP nel piriforme: la posizione più indicata prevede il soggetto sdraiato sul fianco controlaterale, con il femore interessato flesso e addotto, in modo da stirare il piriforme. Questo muscolo può essere palpato esternamente, per quasi tutta la sua lunghezza: è possibile infatti individuare l’esatta localizzazione del piriforme tracciando una linea dal bordo superiore del gran trocantere all’estremità sacro-iliaca del grande forame ischiatico.
Esercitando con le falangi distali del II e III dito una pressione trasversale alla direzione delle fibre del piriforme, si riconosceranno le bandelette contratte e, al loro interno, i TP che corrispondono alle zone più dolenti.

Terapia

Il trattamento iniziale per la sciatica si focalizza nel sollievo del dolore. Per vampate molto dolorose o acute, è consigliabile riposo al letto per un’intera settimana insieme ai farmaci per il dolore ed antinfiammatori. Massaggio ed applicazione di calore possono essere suggeriti come complementari.
Dolore permettendo, le manipolazioni e le mobilizzazioni Osteopatiche sono di grande beneficio. Sono consigliate Mobilizzazioni che si centrano nella parte bassa della schiena, glutei e muscoli hamstring. Le mobilizzazioni includono anche posizioni che riducano il dolore e procurino conforto. Corsetti possono talvolta essere utili in alcuni casi, ma la loro efficacia, in generale, è minima. Comunque, essi possono essere d’aiuto nella prevenzione delle esacerbazioni relazionate ad alcune attività o movimenti.
Con la diminuzione del dolore e il successo di una terapia iniziata presto, l’individuo è incoraggiato a seguire un programma di lunga durata per mantenere la salute della schiena e prevenire il ritorno del trauma. Un Osteopata può suggerire degli esercizi ed attività fisica regolare tali come acquagym o camminate. I pazienti sono istruiti a fare dei movimenti meccanici appropriati al corpo per minimizzare i sintomi durante un sollevamento leggero o altre attività.
Se il dolore è cronico e il trattamento conservativo fallisce, può essere consigliata la chirurgia per riparare un disco erniato o per tagliare una parte o tutto il muscolo piriforme, principalmente se c’è evidenza neurologica del danno nel nervo o nella sua radice.
Il massaggio è una forma di terapia consigliata, in particolare se il dolore sciatico sorge da uno spasmo muscolare. I sintomi possono anche essere alleviati dall’applicazione di ghiaccio nell’area dolorosa il più presto possibile quando il dolore appare. Il ghiaccio dovrebbe rimanere sull’area da 30-60 minuti diverse volte al giorno. Dopo 2-3 giorni, l’applicazione di una borsa di acqua calda può sostituire il ghiaccio. Un Osteopata può offrire soluzioni possibili per alleviare la pressione sul nervo sciatico ed il dolore che l’accompagna.

PROGNOSI

La maggior parte dei casi di sciatica sono trattabili con farmaci per il dolore e con l’Osteopatia. Dopo 4-6 settimane di trattamento, un individuo dovrebbe essere capace di riprendere le sue attività normali.


RAPPORTI ANATOMICI TRA IL PIRIFORME E LO SCIATICO

Il muscolo piriforme è generalmente costituito da tre o più ventri che originano medialmente dalla faccia antero-interna del sacro, tra il primo e il quarto forame sacrale, e s’inseriscono mediante un unico tendine, dopo aver percorso il grande forame ischiatico, sulla faccia superiore del gran trocantere.
Nonostante siano rari gli studi elettromiografici che dimostrano l’azione meccanica del piriforme, si ritiene che questo muscolo determini l’extrarotazione del femore, quando l’anca è in posizione zero e non soggetta a carico, e l’abduzione quando l’anca è flessa a 90°. Quando invece l’arto inferiore è sottoposto al carico, sembra che il piriforme intervenga per frenare la brusca rotazione interna del femore, ad esempio nella fase d’appoggio della corsa. Inoltre, quando l’inserzione sul femore è fissa, il piriforme è in grado di produrre un’importante forza rotatoria sull’articolazione sacro-iliaca, spostando la base del sacro in avanti e l’apice indietro rispetto alle ali iliache.
Il nervo sciatico emerge dalla pelvi attraverso un unico tronco che passa, nel 85% dei casi, anteriormente al piriforme, nel 11 % dei soggetti invece la porzione peroniera del nervo sciatico passa attraverso il piriforme e la porzione tibiale anteriormente al muscolo. Ancora, nel 3% dei soggetti la porzione peroniera del nervo sciatico passa sopra e posteriormente al piriforme e la porzione tibiale anteriormente, mentre nel rimanente 1 % dei casi, il nervo sciatico attraversa il muscolo piriforme.
Questa variabilità di rapporti tra il piriforme e lo sciatico verrebbe interpretata da alcuni Autori come un tentativo “naturale” di ridurre il rischio di compressione dello sciatico, e nonostante altri affermino che lo sciatico sia maggiormente a rischio di compressione quando attraversa il ventre del piriforme, non è stato condotto nessuno studio che avvalori uno specifico significato di questa variabilità anatomica. Interpretazioni a parte, il nervo sciatico può essere sia compresso dal muscolo piriforme contro l’arcata ossea del grande forame ischiatico sia soffocato all’interno del ventre muscolare.


EZIOLOGIA DELLA SINDROME DEL PIRIFORME

Uno stato flogistico del piriforme, in presenza di malattie infiammatorie croniche della pelvi, artrite dell’anca o miofibrosite, può comportare la formazione di bande miofasciali particolarmente fibrotiche e poco elastiche e un deposito di fibrina tra le fibre muscolari del piriforme. Queste bande miofasciali e il tessuto connettivo cicatriziale si organizzano seguendo linee di forza non fisiologiche, causando, oltre ad un palpabile indurimento del ventre muscolare, una maggior resistenza meccanica allo stiramento del muscolo (stiffness).
Anche un trauma diretto al piriforme e l’azione di microtraumi ripetuti alla regione glutea, causati ad esempio dalla posizione seduta ad anche addotte ed intraruotate, possono determinare un deposito di microscopiche aderenze cicatriziali disposte longitudinalmente e trasversalmente alle fibre muscolari.
Il muscolo piriforme, divenuto più teso, impegna in modo anomalo lo spazio del grande forame ischiatico, comprimendo, specie quando viene stirato, il nervo sciatico contro l’arcata ossea del foro. Lo sciatico, nel caso in cui un suo ramo attraversi il piriforme, può rimanere soffocato anche all’interno del ventre muscolare. Il risultato in entrambi i casi non cambia: l’insulto meccanico al nervo sciatico origina una sintomatologia sciatalgica caratteristica della SP.
Anche la presenza nel piriforme di un trigger point (TP) attivo (zona iperirritabile all’interno di una bandeletta muscolare contratta e/o della sua fascia connettivale, dolorosa alla compressione e in grado di evocare un caratteristico dolore proiettato) può aumentare la stiffness intramuscolare e il diametro del ventre del piriforme. I TP attivi nel muscolo piriforme possono inoltre causare, indipendentemente dalla compressione dello sciatico, caratteristici quanto fuorvianti dolori miofasciali proiettati alla regione sacro-iliaca, alla natica e alla parte posteriore della coscia.
Come riportato da Travell e Simons, prima di diventare attivi i TP sono spesso latenti, cioè silenti dal punto di vista del dolore, ma in grado di causare una limitazione del movimento e un’ipostenia del muscolo colpito. Diverse sono le cause che attivano i TP o che irritano quelli latenti: l’attivazione dei TP del muscolo piriforme è spesso conseguenza di un sovraccarico intenso e improvviso, ad esempio quando ci si trattiene dal cadere, o quando si tenta di frenare troppo rapidamente una rotazione interna dell’arto inferiore durante un cambio di direzione in corsa, o ancora quando, poggiando un peso al suolo, si abducono e si flettono le anche impegnando notevolmente entrambi i piriformi. Altri specifici movimenti, se ripetuti a lungo, sono in grado di irritare o perpetuare i TP del piriforme: una massaggiatrice, ad esempio, presentava dolori proiettati dal piriforme a causa dell’attivazione di TP in seguito a ripetute torsioni del tronco in posizione flessa eseguite durante l’attività lavorativa.
Un trauma diretto al piriforme può essere anch’esso responsabile dell’attivazione di TP in questo muscolo.


TRATTAMENTO 

Nonostante rimangano ancora poco chiari alcuni aspetti circa l’efficacia del massaggio muscolare, è lecito affermare che questa terapia ha, tra i suoi effetti, la diminuzione della tensione muscolare e la disattivazione dei TP muscolari. Il massaggio del piriforme è stato dimostrato essere capace di diminuire la stiffness del piriforme e l’attività dei TP, riducendo la pressione di questo muscolo sul nervo sciatico e facendo regredire la sintomatologia dolorosa miofasciale. La compressione ischemica descritta da Travell nel 1952 consiste in una pressione esercitata sul TP muscolare, sufficientemente sostenuta e prolungata da inattivarlo. Rilasciando la pressione, la cute inizialmente impallidisce, poi manifesta un’iperemia reattiva: le alterazioni della perfusione della cute corrispondono molto probabilmente ad alterazioni che sembrano essere responsabili dell’efficacia di questa manovra. Nell’applicare la compressione ischemica, il muscolo deve essere stirato fino a far avvertire al soggetto un lieve indolenzimento: il pollice, o entrambi tenuti sovrapposti, vengono utilizzati schiacciando direttamente il TP per creare una pressione dolorosa ma tollerabile. Al diminuire del dolore avvertito dal paziente durante la seduta, o nel corso del ciclo di trattamento, la forza esercitata sul TP viene aumentata anche fino a 15 kg.
Nel trattare TP recenti e moderatamente attivi, può essere sufficiente un solo trattamento, durante il quale il paziente viene sottoposto ad una serie di elevate compressioni ischemiche. Nel caso invece di TP cronici e molto irritati, è necessario aumentare gradualmente le compressioni all’interno di più sedute.
Le microscopiche aderenze cicatriziali, che si depositano parallelamente alle fibre muscolari in seguito ad un trauma unico o a microtraumi ripetuti, possono invece essere “scollate” con energiche frizioni eseguite trasversalmente alla direzione delle fibre. L’eliminazione di queste aderenze restituisce al muscolo una normale meccanica del tessuto connettivo e favorisce il ritorno di un normale flusso ematico.
Durante un singolo trattamento e nel corso di più sedute, è possibile constatare un innalzamento della soglia del dolore avvertito dal paziente, che rappresenta un importante effetto di questa particolare manovra terapeutica.
Nell’eseguire queste manovre è molto importante accertarsi di non comprimere direttamente il nervo sciatico, chiedendo al paziente l’eventuale comparsa di irradiazioni o parestesie all’arto inferiore.
Sebbene questa manovra si basi su fondati principi di istologia e risultati clinici testimonino il valore di queste particolari frizioni, mancano ancora in letteratura dati che ne supportino pienamente l’efficacia clinica.
La Ginnastica Posturale Osteopatica può aiutare il paziente a migliorare la postura e prevenire ulteriori episodi di dolore sciatico.


LO STRETCHING

Lo stiramento statico di un’unità muscolo-tendinea produce una tensione a carico degli elementi elastici in parallelo presenti in essa. Malgrado lo stretching non modifichi la stiffness (resistenza all’allungamento) del muscolo bersaglio, si verifica nel soggetto un aumento della tolleranza all’allungamento, che si traduce nella possibilità di allungare ulteriormente quel muscolo a vantaggio di un incremento articolare. Lo stretching statico permette inoltre di disattivare i TP attivi e latenti presenti nel muscolo, diminuendo progressivamente la sintomatologia dolorosa. L’adozione dello stretching nel trattamento della SP consente quindi di disattivare i TP attivi in questo rotatore esterno e di recuperare il normale allungamento del piriforme durante i movimenti di adduzione-intra-rotazione del femore. Julsrud descrive un atleta affetto da SP che, dopo aver eseguito per una settimana alcune sedute di stretching, potè riprendere la sua attività sportiva senza accusare più dolore. Un ciclo di sedute di stretching statico del piriforme, ripetute ogni due ore per una settimana, hanno prodotto la scomparsa di sintomi radicolari e dolori sciatalgici insorti in un soggetto in cui era comparsa la SP dopo aver spalato la neve per molte ore.
Il muscolo viene lentamente stirato fino ad un punto di moderato dolore, mantenuto nella posizione raggiunta, quindi rilasciato: poichè il piriforme diventa un abduttore quando l’anca è flessa a 90°, è possibile ottenere il suo stiramento flettendo, adducendo e ruotando internamente l’anca, in posizione seduta, o in stazione eretta.
Lewit propone invece una diversa posizione per stirare il muscolo piriforme: il paziente è sdraiato in posizione prona e con le ginocchio flesse a 90°, mentre l’operatore spinge le gambe all’esterno in una rotazione interna che determina lo stiramento di entrambi i piriformi.
Mancano purtroppo studi biomeccanici che confrontino l’efficacia degli esercizi di stretching descritti. Qualche indicazione circa la loro validità proviene dalla sola sensazione dei pazienti che, eseguendo il primo esercizio, avvertono una tensione proprio in corrispondenza del piriforme, mentre con gli altri due, percepiscono una “torsione” all’anca, forse imputabile all’azione meccanica sulle strutture periarticolari. Anche la durata di ogni singolo esercizio di stretching, il numero di ripetizioni, il tempo di riposo e la frequenza delle sedute aspettano conferme scientifiche, seppur, da un recente studio sugli effetti dello stiramento muscolare, risulta che 30 secondi di stiramento producono, sui flessori del ginocchio, un maggior effetto rispetto alla stessa posizione mantenuta per 15 e 60 secondi.

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